9.5
- Band: MERCYFUL FATE
- Durata: 00:40:14
- Disponibile dal: 30/10/1983
- Etichetta:
- Roadrunner Records
- Distributore: Warner Bros
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Correva l’anno 1983 quando i danesi Mercyful Fate davano alle stampe il loro primo full-length, un album che, pur affondando le proprie radici nell’heavy più classico, andava a gettare le basi, almeno a livello lirico, per quello che nel giro di qualche anno sarebbe stato definito come black metal. Nati dalla scissione nel 1980 di due gruppi danesi, i Black Rose e successivamente dei Brats, i Mercyful Fate non fecero certo fatica a far parlare di sé: oltre ai contenuti blasfemi fino ad ora espressi solo dagli inglesi Venom, la band si fece da subito notare per la teatralità e unicità vocale del proprio leader maximo King Diamond, frontman carismatico e perennemente accompagnato in scena dal suo microfono composto da ossa incrociate oltre che dal suo caratteristico facepainting. Con un riff tanto semplice quanto efficace tocca ad “Evil” irrompere nelle casse del malaugurato ascoltatore: i duelli alla sei corde della coppia Hank Shermann e Michael Denner, la pungente voce in falsetto di King e la pulsante sezione ritmica Hansen/Ruzz contribuiscono a creare un’aurea malevola che ben si staglia sull’armoniosità delle melodie che impregnano i brani. In netta contrapposizione con la ricerca della velocità a tutti costi dei Venom, la musica dei Mercyful Fate miscela in maniera personale l’hard rock settantiano, riscontrabile nelle introduzioni di “Curse Of The Pharaohs” e “Into The Coven” e nei frequenti assoli disseminati nelle composizioni, con un riffing tagliente e continui cambi di tempo che rendono i brani imprevedibili e variegati indipendentemente dal loro minutaggio. L’importanza della voce di King Diamond appare più evidente in tracce come “At The Sound Of The Demon Bell” o la lunga e progressiva “Satan’s Fall” dove trovano posto, oltre ai classici vocalizzi in falsetto, anche parti recitate e cori che rendono quasi epico l’incedere delle canzoni senza mai intaccare l’alone di malignità di cui sono avvolte. Tra arpeggi sinistri, deliranti parti vocali e assoli al fulmicotone tocca alla titletrack condurci alla fine di un incubo che nel lontano 1983 aveva appena visto la luce: “Melissa” è un concentrato di malvagità, classe e pazzia compresso in soli quaranta minuti di durata senza alcun calo di tensione. Purtroppo i Mercyful Fate non avranno vita lunga nel corso degli anni ottanta, ma “Melissa” ed il successivo “Don’t Break the Oath” rimangono tutt’ora due episodi seminali per tutte quelle band che negli anni successivi, senza mai nasconderlo, trarranno ispirazione da questi due capolavori: la più recente ristampa, datata 2005, oltre ad essere completamente rimasterizzata, contiene una bonus track e le solite, immancabili tracce dal vivo, nonché un bonus DVD con tre brani registrati ad Eindhoven nel lontano 1983… seppur lontano dal rappresentare un bonus essenziale, essi sono uno spaccato ancora acerbo del macabro teatrino che King avrebbe portato in tour negli anni successivi. Un disco che a quasi trent’anni dalla sua uscita fa ancora scuola: ESSENZIALE, senza mezzi termini.