7.0
- Band: MERCYLESS
- Durata: 00:35:09
- Disponibile dal: 21/08/2020
- Etichetta:
- Xenokorp
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Avevamo lasciato i Mercyless quattro anni fa nell’oscuro vortice di “Pathetic Divinity”, disco che li riconfermava sulle caustiche coordinate del comeback-album “Unholy Black Splendor”, a sua volta un buon tentativo di riesumare le sonorità death-thrash degli esordi dei primi anni Novanta. Con il nuovo “The Mother of All Plagues” la storica band transalpina si guarda bene dall’invertire la rotta: dopo gli strani esperimenti di lavori come “C.O.L.D.” e “Sure To Be Pure”, ci è voluto del tempo affinché Max Otero e compagni riguadagnassero una certa credibilità, quindi è comprensibile vederli insistere nel loro revival old school anche con questo nuovo appuntamento in studio. Tenendo fede al proprio titolo, “The Mother…” trasporta l’ascoltatore in mondi lugubri e pericolosi sulle note di un death-thrash metal ossessivo e generalmente poco incline ai compromessi. Le velleità techno-death di una certa fase della carriera del gruppo qui vengono relegate a contorno per favorire l’esaltazione di un sound ancora più sporco e velenoso, spesso persino in grado di recuperare istanze anni Ottanta. Le due chitarre, ora nuovamente fulcri inamovibili della band, tessono trame dove si intersecano e cuciono riff laceranti che guardano ora alle antiche origini thrash, ora agli accenti drammatici cari ai Morbid Angel degli esordi. Un episodio come “Bring Me His Head” ricorda i Thanatos, mentre composizioni come “Contagion” e “Laqueum Diaboli” sembrano uscire dal repertorio del Trey Azagthoth o degli Immolation di tanti, tanti anni fa. Il sentore che si diffonde dall’ascolto di queste nuove undici tracce, figlie di tutto ciò che ha ispirato Otero agli inizi della sua carriera di musicista, è luttuoso e catastrofico come nella più classica tradizione del genere. Vi è davvero poco spazio per armonia, finezze e colpi di scena: la proposta dei Mercyless nel 2020 risponde ad una logica oltranzista e risulta imbevuta di una iconoclastia vecchio stampo che rifiuta qualsiasi segnale evolutivo. Musica impostata su una costante fisicità e su un motore ritmico che porta i brani a sprigionare sempre una notevole intensità. Fortunatamente, il gruppo anche questa volta cura piuttosto bene strutture e chorus, riuscendo a caratterizzare adeguatamente quasi tutti gli episodi e, di conseguenza, ad evitare che la tracklist appaia troppo monotona. “The Mother…”, insomma, ha il pregio di porsi in continuità con il precedente album, puntando inoltre su una istintività e una cattiveria ancora più pronunciate. Il risultato finale è un climax torbido che rimanda perfettamente all’immagine suggerita dal titolo.