METAL CHURCH – Blessing In Disguise

Pubblicato il 22/12/2021 da
voto
9.0
  • Band: METAL CHURCH
  • Durata: 00:54:21
  • Disponibile dal: 07/02/1989
  • Etichetta:
  • Elektra Records

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Dopo un anno davvero pieno di lutti, morti e mancanze anche per quel che riguarda il settore musicale, riteniamo che il miglior modo per concluderlo sia rivolgere un ultimo saluto proprio ad uno di quei grandi musicisti che si è prematuramente spento nel corso dei dodici mesi appena trascorsi.
Parliamo naturalmente del mitico vocalist Mike Howe, e per l’esattezza dell’album che ha visto il suo esordio all’interno della già iconica band che lo avrebbe presto portato a toccare il proprio apice, consacrando letteralmente la sua squillante ugola: “Blessing In Disguise” è infatti il terzo capolavoro consecutivo confezionato dagli statunitensi Metal Church, in cui l’ambito posto dietro al microfono era precedentemente occupato da David Wayne (altro carismatico frontman oggi non più tra noi). Inoltre, è bene non dimenticare che il suddetto album è uscito in un periodo di poco precedente a quello che sarebbe stato un decennio relativamente dannoso per il filone più classico, puro e immacolato della nostra musica preferita.
Per l’appunto, immettere sul mercato una perla del genere nel 1989 – impresa bissata appena un anno dopo dai Judas Priest con l’indistruttibile “Painkiller” – non ha rappresentato un traguardo da poco, peraltro dopo un cambiamento così importante nella line-up, con all’interno della tracklist dei brani divenuti col tempo talmente iconici da potersi oggi considerare dei veri e propri inni immortali dai testi incisi nell’acciaio, lo stesso materiale di cui sono fatte le fondamenta della ‘chiesa del metallo’ per antonomasia. Questo è il caso della opener “Fake Healer”, che negli ultimi anni ha occupato lo scomodo ruolo di traccia di chiusura dei loro concerti, con quel ritornello malato ed orecchiabile, memorabile anche solo dopo un unico ascolto; senza nulla togliere alla seguente “Rest In Pieces”, volta a raccontare in chiave heavy metal l’affondamento del Titanic avvenuto in data 15 aprile del 1912, mentre alle spalle del buon Mike risuonano riff di chitarra granitici e una sezione ritmica che giunge al suo massimo nella seconda parte, per la gioia di ogni headbanger degno del nome.
“Of Unsound Mind” mette in mostra più delle precedenti le immense doti vocali del compianto vocalist, così come dell’intera band alle sue spalle, inclusa l’accoppiata di chitarristi John Marshall e Craig Wells, i quali abbandonano temporaneamente la distorsione negli istanti iniziali della lunga e oscura “Anthem To The Estranged”, che tuttavia dopo l’inizio acustico riabbraccia la componente più tagliente, fino a una conclusione che di fatto chiude anche il cosiddetto lato A del disco. Questo lascia spazio ad un lato B che si prende i suoi tempi prima di esplodere, lasciando alla nota e malinconica “Badlands” il compito di riaprire le danze, con una classe ed una eleganza davvero invidiabili persino a quei tempi, seppur senza spingere troppo forte sull’acceleratore. Questo viene invece premuto con una certa veemenza in “The Spell Can’t Be Broken”, che a parere di chi vi scrive rappresenta non solo il pezzo più fomentante dell’album, ma anche uno dei più sottovalutati in assoluto dell’intera storia dell’heavy metal, con quel refrain maligno e quasi sognante nella sua collera.
La strumentale “It’s A Secret” rende perfettamente giustizia al suo titolo, dal momento che nessuno osa pronunciare una sola sillaba nel corso della sua durata, nemmeno lo stesso Mike Howe, ma pressoché tutti noi riusciamo ancora oggi a romperci l’osso del collo ogni volta che quell’incedere smitragliante da moshpit sfrenato si sprigiona fuori dalle casse. Il biondo vocalist si palesa nuovamente in “Cannot Tell A Lie”, che pare in tutto e per tutto la continuazione della precedente, soprattutto per quanto riguarda la componente più furente ed adrenalinica, qui portata al suo estremo fino quasi a sfondare quella parete sottile che divide l’heavy metal dal thrash più violento di stampo americano. In generale possiamo dire che la seconda parte di questo strabiliante album rappresenti in un certo senso il lato più aggressivo e ferino, e persino la conclusiva “The Powers That Be” riesce a farci schizzare un’ultima volta la pressione alle stelle, con una squisita combinazione di melodie rockeggianti e ritmiche tritaossa.
Chi conosce la storia della band saprà senz’altro che Mike si sarebbe successivamente separato dai Metal Church, ma non prima di averci donato altri due ottimi prodotti come “The Human Factor” e “Hanging In The Balance”, che tuttavia non riescono a tenere il passo con la scintillante gemma metallica di cui abbiamo appena finito di parlare: un lavoro imprescindibile per ogni appassionato deciso a non lasciare in secondo piano le radici inossidabili della musica migliore del mondo, composto ed eseguito da una formazione anche troppo sfortunata, sia per quel che riguarda la gratificazione in termini commerciali, sia per l’aver avuto e poi malamente perduto dei grandissimi musicisti, nonché dei notevolissimi animali da palco, davvero difficili da sostituire.
Non ci è dato sapere che ne sarà del futuro dei Metal Church, ma una cosa è innegabile: se gettiamo uno sguardo al loro passato, vediamo dei pilastri gloriosi della discografia metal, che bisogna assolutamente preservare anche nel rispetto di chi ci ha messo la propria anima, e che per svariati motivi ora non è più in grado di farlo. Riposa in pace, Mike.

TRACKLIST

  1. Fake Healer
  2. Rest In Pieces
  3. Of Unsound Mind
  4. Anthem To The Estranged
  5. Badlands
  6. The Spell Can't Be Broken
  7. It's A Secret
  8. Cannot Tell A Lie
  9. The Powers That Be
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