METAL CHURCH – Metal Church

Pubblicato il 01/02/2014 da
voto
9.5
  • Band: METAL CHURCH
  • Durata: 00:41:40
  • Disponibile dal: 12/11/1985
  • Etichetta:
  • Elektra Records

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Aberdeen è una cittadina dello Stato di Washington popolata attualmente da circa quindicimila anime, principalmente nota per aver dato alla luce l’antidivo Kurt Cobain. Non dimentichiamoci che questo luogo ha visto nascere anche Kurdt Vanderhoof, semplicemente uno dei chitarristi più geniali di tutto l’heavy metal, nonché abile ed eccelso songwriter, purtroppo criminalmente sottovalutato nel tempo da gran parte del pubblico e della critica. Con il nome da battaglia ‘Blobbo’, il ragazzo inizia ad affilarsi gli artigli a Seattle alla fine degli anni Settanta suonando il basso nei The Lewd, punk band autrice di un singolo abrasivo intitolato “Kill Yourself”. Terminata questa breve ma intensa avventura, che raggiunge il suo zenit suonando di spalla ai Ramones al Seattle Paramount Theater nel 1978, Vanderhoof decide di trasferirsi a San Francisco, folgorato anch’egli sulla via di Damasco grazie all’esplosione della New Wave Of British Heavy Metal. Insieme ad alcuni membri dei Leviathan, fonda gli Anvil Chorus, subito dopo ribattezzati come The Church Of Metal, prima di assumere la ragione sociale definitiva Metal Church. Con una line up in fase di assestamento, vedono la luce i primi due demo strumentali, “Red Skies” e “Hitman”, dai quali si intuisce l’enorme potenziale artistico di Vanderhoof. Archiviata la parentesi californiana, quest’ultimo ritorna a casa costituendo gli Shrapnel in veste di chitarrista, con Mike Murphy al microfono, Craig Wells all’altra chitarra, Kirk Arrington alla batteria e Duke Erickson al basso. In questo periodo di transizione Murphy getta la spugna, permettendo inconsapevolmente ai Nostri di compiere il definitivo salto di qualità con l’innesto del mai troppo rimpianto David Wayne. Riesumato il più incisivo e monumentale moniker Metal Church, i Nostri entrano nella leggenda pubblicando “Four Hymns”, demo nel quale compaiono “Battalions” e “Gods Of Wrath”, perfezionate poi nell’omonimo debutto. Il 1984 si presenta peraltro come un anno di svolta per l’heavy metal a stelle e strisce: Armored Saint e Jag Panzer debuttano con i battaglieri “March Of The Saint” e “Ample Destruction”; Manowar, Cirith Ungol e Omen sfoderano tre capolavori di purissimo epic metal, rispettivamente denominati “Hail To England”, “King Of The Dead” e “Battle Cry”. I Metal Church hanno lo strabiliante merito di aver inglobato nel proprio DNA tutti questi stili ed influenze appena descritti in un monolite sonoro chiamato semplicemente heavy metal. Notati dalla indie Ground Zero, la neonata promessa della musica pesante si chiude in studio con il produttore Terry Date, in seguito famoso per aver definito il sound catramoso dei Soundgarden e quello groovy dei Pantera. Da questa collaborazione nasce “Metal Church”, vinile contenente nove tracce prive di ogni benché minima imperfezione. Il sound che fuoriesce dai solchi appare potente, tetro, malvagio, dotato di una pesantezza fuori da ogni grazia di Dio, perfettamente incanalato in una produzione asciutta ben attenta a non trascurare alcun dettaglio. “Metal Church” è ancora in grado di stupire chiunque sia convinto che il metal degli anni Ottanta sia ad esclusivo appannaggio di Metallica e Iron Maiden. Nonostante siano passati trent’anni dalla sua pubblicazione, questo prodotto risulta ancora fresco ed estremamente coinvolgente, grazie a composizioni incredibilmente mature e brillanti, imperniate su elaborati affreschi chitarristici, legati da incastri ritmici dettati dal dinamico drumming di Arrington. Presentato dall’iconica copertina che raffigura una minacciosa chitarra zombie, il disco decolla sin dai primi secondi dai quali emergono dagli abissi le mefitiche spoken word sorrette da un sinistro arpeggio di chitarra, che si libra in un pregevole lavoro alle sei corde, amplificato dall’ugola possente, rauca ed inimitabile di Wayne. L’episodio in sé non dispone di un bridge/chorus canonico, ma si snoda attraverso una moltitudine di saliscendi solennemente interrotti da un finale denso di pathos. La title track è un granitico mid tempo architettato su un riffing portante preciso come un metronomo, affilato come un rasoio, meritevole di sfociare in un hook che difficilmente si staccherà dal vostro cranio. La cattiveria profusa dallo strumentale “Merciless Onslaught”, così come gli spietati assalti di “Battalions” e “(My Favorite) Nightmare” gareggiano alla pari con gli Slayer più feroci, mentre “Gods Of Wrath” è una power ballad estremamente emozionante, affatto melensa, resa oltremodo espressiva dal cantato sofferto del frontman. L’assalto frontale di “Hitman” funge da ponte con il metal britannico tanto amato dal suo leader; “In The Blood” è semplicemente maestosa nella sua discesa negli inferi; curiosa invece l’infuocata e selvaggia rilettura di “Highway Star” dei Deep Purple, opportunamente privata dei sofisticati barocchismi della versione originale. Il clamore suscitato nell’underground spinge i vertici della Elektra Records a mettere sotto contratto la band per ristampare il disco nel 1985. La spinta promozionale della major purtroppo non è stata sufficiente ad evitare ai Nostri di rimanere imbrigliati tra i lustrini del glam e la fotonica violenza del thrash. Appurata l’indiscutibile qualità delle composizioni, rimaniamo quanto meno perplessi dal fatto che i Metal Church siano tuttora un gruppo di nicchia, mentre i Metallica siano riusciti nell’impresa di diventare una delle più importanti heavy metal band di sempre. Uno dei tanti misteri irrisolti del music business…

TRACKLIST

  1. Beyond The Black
  2. Metal Church
  3. Merciless Onslaught
  4. Gods Of Wrath
  5. Hitman
  6. In The Blood
  7. (My Favorite) Nightmare
  8. Battalions
  9. Highway Star
4 commenti
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