METALLICA – Kill’Em All

Pubblicato il 01/04/2023 da
voto
9.5
  • Band: METALLICA
  • Durata: 00:51:18
  • Disponibile dal: 25/07/1983
  • Etichetta:
  • Megaforce Records

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Raccontare il primo album dei Metallica significa raccontare l’intera epopea di una generazione di metallari: quella del tapetrading, delle nascenti ‘scene’, del desiderio di spostare l’asticella del rumore sempre più in alto. Ma soprattutto significa parlare di un disco che, come pochi, rappresenta un vero e proprio spartiacque; poco importa che non sia, a gusto personale, il miglior disco thrash metal, o magari nemmeno dei Metallica: semplicemente, prima, questa musica non esisteva.
Proprio per questo si potrebbe iniziare la storia di questo disco da molto prima. Per esempio dall’ottobre 1981, data di fondazione ufficiale della band intorno all’eterno nucleo Ulrich-Hetfield, oppure dall’autunno del 1982, con il loro primo concerto a San Francisco e – di lì a breve – l’ingresso di Cliff Burton in formazione; o ancora scegliere l’uscita di Mustaine e l’avvicendamento con Kirk Hammett nell’aprile successivo, appena tre mesi prima dell’uscita del disco stesso. Un avvicendamento che ancora fa discutere dopo 40 anni, vuoi sulla rilevanza di Hammett nella band, vuoi in tema di ‘what if’ se Mustaine fosse rimasto. Ancora, potremmo parlare di figure mitologiche come Brian Slagel, fondatore della Metal Blade e primo, grande sponsor dei Metallica: in particolare con le sue compilation “Metal Massacre”, dove peraltro comparvero come Mettalica. Ma non fu da meno l’importanza dei compianti coniugi Zazula, che in pratica fondarono la Megaforce Records proprio per pubblicare I ‘tallica, dopo esser stati folgorati dall’ascolto di “No Life ‘Til Leather”, il loro storico demo. Ma forse l’anedottica sui Metallica e su quel periodo è talmente vasta che anche a fare una mera lista dalla A alla Z, magari partendo da “Anesthesia” – il primo brano basato su un assolo di basso che il metal ricordi, ça va sans dire – ai già citati Zazula non basterebbe.
E allora facciamo parlare la musica, sempre che ce ne sia bisogno per un disco così famoso e ascoltato; fingendo di tornare al primo ascolto fatto, a quelle sensazioni e quell’approccio alla musica che di liquido, allora, aveva solo il sangue che macchia la copertina del disco. E se già è iconica questa, pensate se fosse arrivata nei negozi la proposta di James di intitolare il disco “Metal Up Your Ass”, con una mano armata di coltello che spunta da un water come cover…
“Hit The Lights”: poteva esistere un titolo migliore per far partire la rivoluzione dei Metallica? “No Life ‘Til Leather/Gonna Kick Some Ass Tonight”: oltre a riprendere il titolo del loro demo, i Metallica si assestano sul tema della band che farà casino fino a prendere a calci i loro fan, unendo sonorità NWOBHM, attitudine street life e l’amore per le doppie asce diffuso nel mondo dai Judas Priest. Già su questo brano si nota come, appena le chitarre vanno in secondo piano, Sir Cliff Burton sapesse emergere con classe e con riff che nel metal, al basso, nessuno aveva mai sperimentato. Si sente ancor di più in intere sezioni della successiva “The Four Horsemen”: secondo brano, secondo manifesto d’intenti con un testo ovviamente di derivazione biblica e una summa perfetta di quello che differenzierà i Metallica per anni (e anni di luce di distanza) dai concorrenti: riff memorabili, stop n’go, una voce graffiante senza diventare mai cacofonica, le linee di basso maestose e settantiane. Il tutto, curiosamente, in un brano dove Dave Mustaine mise e lasciò molto del suo tocco, pur rivedendola per i suoi Megadeth poco dopo; parliamo ovviamente di “The Mechanix”, che ha tuttavia una produzione più tagliente ed elimina l’epico fill centrale del brano. A “Motorbreath” manca solo l’umlaut sulla O per definire da dove arriva: adrenalina pura, ritmo incalzante, cantato monocromatico da alcol, insomma un heavy rock che si chiude in tre minuti perfettamente; “Jump In The Fire” ammorbidisce i ritmi con un riff circolare e accattivante, senza negare l’approccio stradaiolo del brano precedente e con un ritornello/coro a dir poco epocale, che offre anche la prima di infinite sillabe pronunciate à la Hetfield (“Jump In The Fiyah!”). Già citata ma non trascurabile giunge “(Anesthesia) Pulling Teeth”, e come poteva essere altrimenti? Il più grande talento delle quattro corde in ambito metal fino a quel momento, un hippie prestato al genere quasi per caso: Nessun compagno di band sano di mente avrebbe rinunciato a lasciargli l’onore di riportare su disco l’assolo che offriva al pubblico in sede live, e che poco o nulla ha da invidiare all’impatto dei riff di chitarra presenti su questo album: avevate mai sentito un bassista usare lo slide e il wah-wah in questo modo, o toccare note così alte? Senza soluzione di continuità irrompe poi la rullata introduttiva di “Whiplash”, dove torna l’approccio e l’impatto di “Motorbreath”, ma con una manciata di amfetamine in più: il plettro non sembra nemmeno lasciare la chitarra, mentre il basso è un pistone senza requie e Lars pesta come un fabbro, senza trascurare fill di batteria gustosi: ecco che il thrash californiano ha la sua forma definitiva, ammettiamolo. Il lato B si apre con quello che per molti è il pezzo più debole del lotto, “Phantom Lord”, che mostra comunque la classe e la lungimiranza dei Metallica: appena ventenni comprendono l’importanza di creare dinamiche e, pur non rallentando troppo, ecco i primi inserti acustici e rallentamenti che diventeranno rilevanti nel disco successivo. “No Remorse” mostra un altro lato della creatività di questi quattro fenomeni, partendo come un midtempo e con un assolo di chitarra per poi trasformarsi in un’incalzante cavalcata che non ha nulla da invidiare ai brani più famosi del disco, con il bonus di un bridge e un ritornello parimenti gustosi e di uno smaccato omaggio agli Iron Maiden. “Seek & Destroy” non necessita quasi parole: non c’è un riff che non sia memorabile in questa vera e propria marcia assassina dalla semplicità e dall’impatto devastanti, e che mette sugli scudi la capacità unica dei Metallica di trasformare quasi ogni canzone, a un certo punto, in un brano quasi diverso con un piccolo cambio di ritmica. A chiudere il cerchio un’altra chiamata alle armi, con tanto di passo militare sul finale, per la Metal Brotherood, quella “Metal Militia” in cui la velocità delle chitarra si fa quasi insostenibile (almeno per il tempo!), James tocca le sue note più acute e sguaiate, e tutto con un brano pure accattivante: fino all’ultimo solco, insomma, i Metallica reclamano supremazia, e ne hanno pieno diritto.
C’è e ci sarà sempre chi vorrà sottolineare che un certo modo di comporre riff sia arrivato prima dagli Exodus, che con l’addio di Mustaine la classe ha trovato casa presso i Megadeth, che la cattiveria degli Slayer i Metallica se la sognavano, o persino – abbandonando le band di amici e rivali californiane – che i Venom andavano a mille all’ora prima di loro, e che alla fine tutte le idee dei Metallica venivano dalla NWOBHM, o dal punk. Ma le vere rivoluzioni sono quelle sistematiche; musica, monicker, sound, estetica… non giriamoci intorno: questo è il disco che davvero inventa il thrash e segna un punto fermo nell’evoluzione del metal. Niente sarà più le stesso, perché i Metallica hanno davvero, metaforicamente, ammazzato tutti.

TRACKLIST

  1. Hit The Lights
  2. The Four Horsemen
  3. Motorbreath
  4. Jump In The Fire
  5. (Anesthesia) Pulling Teeth
  6. Whiplash
  7. Phantom Lord
  8. No Remorse
  9. Seek & Destroy
  10. Metal Militia
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