METALLICA – Metallica

Pubblicato il 11/08/2021 da
voto
9.0
  • Band: METALLICA
  • Durata: 01:02:39
  • Disponibile dal: 12/08/1991
  • Etichetta:
  • Vertigo
  • Distributore: EMI

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Eccoci qui, agosto 2021: in un periodo in cui la comunità metallica e hard rock si sta riprendendo da un filotto ahinoi clamoroso di morti celebri – Mike Howe, Joey Jordison, Dusty Hill – il disco-anniversario più importante dell’anno arriva per cercare di riconciliarci con la musica più bella che ci sia, in grado di regalare, come al solito, grandi amori e struggenti dolori in maniera quasi speculare. Non per tutti di certo, ma per molti sicuramente, il trentennale del Black Album dei Metallica è un avvenimento quasi epocale, da bollino rosso segnato sul calendario, appena al di sotto del vostro primo concerto dopo un anno e mezzo di attesa pandemica. Non è vero?
Riportando indietro il nostro dannatissimo orologio del tempo a trent’anni or sono, ci si rende conto immediatamente di come, nell’agosto del 1991, il pianeta Terra stava in un’altra dimensione, obsoletamente ancorato ad un modo di vivere la musica – e tante altre cose – che oggi è visto un po’ sia come nostalgico e migliore, sia come vetustamente retrò. Poca musica rispetto a oggi, seppur di qualità decisamente migliore; pochi canali di fruizione, quasi tutti dal piglio appassionato e veracemente reale, da andarseli a scovare od inventare (non come adesso dove tutto è alla portata di sedia, schermo ed un paio di click o di scrollate); poche amicizie metallare compensate da rapporti intensi e reciproci, fatti di scambi, consigli, cassettine duplicate e di ‘awesome mix’ di vari volumi che neanche la madre di Peter Quill/Star-Lord avrebbe saputo comporre meglio. E tanti altri romanticismi dimenticati che, come ogni rivangata in un passato gioioso e brulicante di novità, lasciano il tempo che trovano.
E nel 1991, dunque, come si stava muovendo il mondo della musica pesante e alternativa, ancora così povero di generi e sottogeneri, così legato al rapporto band-etichetta, al trittico demo-EP-debutto e alle folle oceaniche dei mega-concerti degli anni Ottanta e di inizio decennio? Be’, da una parte, il thrash metal stava esaurendo la sua epoca d’oro per far spazio ai suoi fratelloni più cattivi, il già sviluppato death metal e la nascente seconda ondata black metal; dall’altra parte, osservando il grande mainstream rock alternativo che anche il canale televisivo musicale per eccellenza, MTV, contribuiva a smuovere, il grunge era in ascesa galoppante, si intravedevano i fenomeni più indie, ma altrettanto importanti, del revival punk-rock e dell’abominio brit-pop, mentre anche quello che poi venne chiamato nu metal poneva alcune basi fondamentali in preamboli funk rock, rap metal, industrial e crossover sui generis. Insomma, c’era un bel caos in costante movimento in ogni dove!
E i Metallica, in tutto ciò, che facevano? Be’, i Metallica arrivavano dalla pubblicazione, nel 1988, di un disco difficile e divisorio quale “…And Justice For All”, un album di thrash metal progressivo ed intricato che si discostava parecchio dai loro bestseller precedenti (“Ride The Lightning” e “Master Of Puppets”, ovviamente). L’odioso affaire delle linee di basso dell’allora nuovo Jason Newsted, rese inudibili e praticamente sparite dal missaggio finale, grida ancora vendetta a distanza di trentatrè anni dall’uscita, così come davvero arduo da sopperire risultava il vuoto carismatico e compositivo lasciato dalla scomparsa di Cliff Burton, un bassista speciale che, all’interno dei ‘Tallica, fungeva da collante e bilanciatore nei complessi equilibri spesso alterati dal duo protagonista Hetfield-Ulrich. Il tour Damaged Justice, un successo su tutti i fronti, evidenziò fin da subito come la lunghezza dei nuovi brani mal si addiceva all’impatto live dello show dei Four Horsemen, con le sole “One” e “Blackened” ad entrare veramente nel cuore pulsante delle esibizioni live. E così, circa due anni dopo, negli otto mesi trascorsi tra l’ottobre del 1990 ed il giugno 1991, ecco infine la lunga gravidanza, il parto difficoltoso di un lavoro destinato a cambiare gusti, orientamenti musicali e – perché no? – segnare adolescenza e vita di un foltissimo numero di ragazzi e adulti in tutto il mondo: la creazione di “Metallica”, il quinto album della band heavy metal più famosa del globo, l’universalmente riconosciuto Black Album.
Una gestazione assolutamente probante, dovuta in primis al bellicoso rapporto venutosi a creare tra la band, Lars e James sopra tutti, e Bob Rock, co-produttore e ‘motivatore’ di quelle infuocate sessioni di registrazione e arrangiamento, condiziona pesantemente la genesi del disco, che comunque presenta un ottimo bilanciamento tra le volontà dei contendenti dell’epoca: brani più corti e orecchiabili, dall’ampia visione radiofonica e strutturalmente più semplici, con un Ulrich sicuramente più a suo agio nei tempi più contenuti e regolari delle partiture; una produzione calda, potente ma molto educata, e con finalmente un basso a cui vengono concesse tutte le sue frequenze uditive; la presenza in tracklist di ballate rock dai turgidi spunti metal; un ‘Jimbo’ Hetfield a cui viene chiesto addirittura di cantare con maggior cura e pulizia e proseguire il suo già maturo sviluppo di testi più adulti, introspettivi e per certi versi accattivanti, lasciando in parte stare l’approccio critico e sociale delle lyrics di “…And Justice For All”; un profondo perfezionismo per suoni e arrangiamenti, che si arricchiscono di orchestrazioni, sovra-tracce di chitarra e sezioni acustiche. Insomma, una serie di svolte radicali che vanno necessariamente a generare, una volta uscito il disco (ma soprattutto negli anni che seguono) uno scisma all’interno della fanbase del gruppo e della scena metal in generale. Comunemente parlando, difatti, il Black Album viene totalmente schifato dai thrasher più ortodossi, mentre la sua popolarità raggiunge luoghi e menti impensabili, lambendo platee e ascolti pop e colpendo in pieno le folle degli stadi rock, ad esempio in occasione del Freddie Mercury Tribute del 1992, dove i Quattro Cavalieri, quali primi artisti dell’evento ad esibirsi, presentarono davanti ad un miliardo di persone collegate in tv “Enter Sandman”, “Sad But True” e “Nothing Else Matters”.
Una tracklist ricca – mai i Metallica avevano inserito più di dieci pezzi in un loro album, qui sono dodici – equilibrata e studiata nei minimi dettagli non fa altro che rendere ancora più fondamentale e miliare una pietra inscalfibile dell’hard rock/heavy metal quale è “Metallica”; lo ripetiamo, un lavoro che, pur non essendo perfetto, poco metal e criticabile da più parti, risulta invece paradossalmente perfetto, inattaccabile ed in grado di cambiare letteralmente la vita a diverse migliaia di ragazzi dell’epoca. Un’opera che ha avvicinato al metal estremo e al thrash metal molti più ragazzi di quanti ne abbia allontanati a causa della svolta commerciale.
Il brano-simbolo, tra i tanti brani-simbolo presenti nel Black Album, crediamo debba essere considerato “Nothing Else Matters”, la canzone per eccellenza con la quale i ‘Tallica si sarebbero ‘sputtanati’ definitivamente: ebbene, dai, ammettiamolo, c’è poco da fare i duri e puri: è una ballata eccezionale, emozionante, dolce e potente allo stesso tempo, nostalgica ed epica, dotata di un assolo travolgente e di linee vocali sentitissime, un ritornello praticamente senza melodia ma che vi ritroverete a cantare ogni volta. Un brano che, volenti o nolenti, ha fatto la Storia dell’heavy metal.
E a ruota segue “The Unforgiven”, una gloriosa semi-ballad dai toni morriconiani nella quale la band riesce a ricreare un’atmosfera unica, drammatica e struggente, anche grazie ad arrangiamenti orchestrali e all’uso profuso di chitarre acustiche, fino allora un potenziale neanche troppo nascosto ma usato con parsimonia. Inutile soffermarsi a raccontare quanto siano stati enormi gli apporti dati da pezzi quali “Enter Sandman”, “Sad But True”, “Wherever I May Roam”, “Don’t Tread On Me”, “Of Wolf And Man” e “Through The Never” affinché la popolarità dei Metallica sia cresciuta a dismisura appena dopo la pubblicazione del disco. Ci piace soffermarci, invece, su due canzoni che solitamente vengono poco citate, ma che sono fra gli highlight assoluti dell’album e di tutta la produzione più heavy metal sui generis di Ulrich e compagni: “My Friend Of Misery” e “The God That Failed”. La prima, nelle fasi iniziali del processo compositivo pensata come strumentale, si apre con una linea di basso oscurissima, fluida ed impattante, per poi svilupparsi pian piano nell’episodio probabilmente meno orecchiabile del lotto, ma che trasuda gran gusto compositivo in ogni nota. “The God That Failed”, con il suo incedere pesantemente groovy, James Hetfield sugli scudi e una serie di assoli killer, a distanza di anni si può tranquillamente considerare come la traccia migliore di “Metallica”, la meglio rappresentativa e la più completa del lavoro. Abbiamo volutamente tralasciato di nominare le due canzoni più thrash-oriented del lotto, “Holier Than Thou” e la conclusiva “The Struggle Within”: buone composizioni, ottimi riempitivi, ma fin troppo scolastiche e sottotono se paragonate al passato della band.
Tirando le somme e lasciando spazio ai vostri pensieri, alle vostre storie, ai vostri ricordi, non possiamo affibbiare un 10 tondo al Black Album, sebbene come importanza storica e semantica lo meriterebbe pure; ma un bel 9 pieno ci sentiamo in dovere di assegnarlo, anche solo per un senso di riconoscenza innato, per essere stato, come forse lo è stato per molti di voi, il primo vero tunnel d’accesso al multiforme mondo metallico. Grazie, “Metallica”, per tutto quello che sei stato e quello che hai portato dopo di te. E buon trentennale!

 

TRACKLIST

  1. Enter Sandman
  2. Sad But True
  3. Holier Than Thou
  4. The Unforgiven
  5. Wherever I May Roam
  6. Don't Tread On Me
  7. Through The Never
  8. Nothing Else Matters
  9. Of Wolf And Man
  10. The God That Failed
  11. My Friend Of Misery
  12. The Struggle Within
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