METALLICA – St. Anger

Pubblicato il 11/06/2003 da
voto
5.0
  • Band: METALLICA
  • Durata: 01:15:06
  • Disponibile dal: 09/06/2003
  • Etichetta:
  • Elektra Records

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Qualcuno di voi crede ancora alla preview, allo studio report, o ai tradizionali tre brani ascoltati in anteprima? Vi fidate di mandrie di giornalisti ubriachi, con la pancia piena di tartine, al soldo delle major di turno, non di rado in buoni rapporti con i musicisti oggetto di recensione? Tutto questo alla faccia della deontologia professionale del critico musicale, oggi più che mai burocrate di bassa lega. I Metallica, a partire dalla pubblicazione di “Load” si sono sempre più affinati nel gioco della “carota con l’asino”, puntando sempre maggior denaro in promozione ed iniziative di contorno (vedi il Metallitrain) piuttosto che sui contenuti musicali veri e propri. Ecco allora, a partire dal marzo 2003, gli aggiornamenti in tempo reale dalla base dei quattro e piccoli spezzoni di riff scaricabili in formato mp3; ed ecco un giornalista svedese che durante un preascolto anticipa i contenuti di un album violentissimo, il migliore che abbiano mai realizzato. Addirittura il combo di Frisco parla dello sviluppo dei nuovi brani in linea con quanto proposto in passato dai Meshuggah. Vengono tirate in ballo anche le migliorie tecniche nello stile di Lars Ulrich, la cui performance si sarebbe miracolosamente arricchita di passaggi ultraveloci, al limite dei confini con il black metal, con frequenti blast beat. Dunque Jason aveva scelto il momento meno opportuno per abbandonare i compagni, dati in grande ripresa e in forte riavvicinamento alle gloriose origini metal. La controprova arriva ovviamente inserendo “St. Anger” (accompagnato da un DVD con i brani del cd eseguiti live nello studio di registrazione) nel lettore, cercando un riscontro a queste succose anticipazioni. E “Frantic” fa gridare effettivamente al miracolo: grandi accelerazioni, un cantato sfrontato, sezione ritmica a briglie sciolte, ma soprattutto un brano valido come non se ne sentivano dai tempi di “… And Justice For All”, con l’unica differenza costituita da una produzione minimale, attenta a cogliere l’aspetto live delle esecuzioni. Ma si sa, le cose belle durano poco, ed ecco puntuale la titletrack, improbabile polpettone di accelerazioni di antica memoria e cantati su basi alla Limp Bizkit, con chitarre pulite ed esilaranti controcanti simil-rap di James. Proseguendo viene confermata l’alternanza (vera costante del lavoro) fra strutture tipicamente thrash e tempi rallentati, valvole di sfogo per brani dalla durata media di 6 minuti. “Some Kind Of Monster” si giova di un riffing oscuro e di efficaci variazioni metronomiche, nonostante il fastidioso approccio in stile Fred Durst che Hetfield mantiene in alcuni passaggi vocali. Inizia a serpeggiare una fastidiosa ironia, che puntualmente esplode nella successiva “Dirty Window”, sfuriata hardcore di buona fattura fatta a pezzi da passaggi clean e da aperture melodiche di una bruttezza immane. Una caduta di tono amplificata da una risata in stile cowboy di James, novello Ted Nugent del metal. “Invisible Kid” suona invece come uno strano ibrido fra l’approccio compositivo dei Monster Magnet e il Jerry Cantrell più plumbeo, chiamato in causa nelle sezioni slow, per otto minuti abbastanza noiosi. “My World” alza il tiro, ricalcando cliché tipici della Bay Area che fu, con i consueti riff stoppati accompagnati all’unisono dai proverbiali “stop and go” di Lars (leggasi batterista in piedi, mano sul ride, e colpo di cassa in sincronia con il riff), per un mix tra il vecchio ed il nuovo che ritroviamo anche nella seguente “Shoot Me Again”, brano insipido, con vocals cristalline figlie dei Korn. Il disastro è dietro l’angolo, ed ha il nome di “Sweet Amber”: riff puerile, voci sommerse, un tempo arrancante, ed un Hetfield che vorrebbe ammaliare con la sua interpretazione, con l’effetto di rendere ancora più palesi i suoi limiti vocali. Un risultato che puntualmente viene replicato nei brani posti in chiusura, “The Unnamed Feeling”, “Purify” e la sfiancante (per il minutaggio) “All Within My Hands”, dove fra l’altro figura un pietoso esperimento di Hammett, che esegue una breve sequenza di note pulite prima di risolvere sull’accordo, quasi a voler citare i System Of A Down del primo album. Discutibile anche la produzione di Bob Rock che, se da un lato enfatizza l’alchimia tipica della sala prove, dall’altro evidenzia i limiti dell’Hetfield cantante (è indubbiamente l’album in cui si esprime peggio). Suonano strane anche alcune soluzioni tecniche nel drum kit di Ulrich, il cui rullante in più di un’occasione è talmente “tirato” da generare un suono simile a quello di una campana. De Gustibus….. In “St. Anger” ai ‘Tallica va riconosciuto il tentativo di rialzare la testa dopo le ultime vergognose prove in studio, ma qualcuno avrebbe dovuto ricordare loro che un grande disco ha alla base grandi canzoni, indipendentemente dalle accelerazioni e dalla saturazione del suono. E qui, stranamente, di grandi canzoni se ne vedono un paio!

TRACKLIST

  1. Frantic
  2. St. Anger
  3. Some Kind of Monster
  4. Dirty Window
  5. Invisible Kid
  6. My World
  7. Shoot Me Again
  8. Sweet Amber
  9. The Unnamed Feeling
  10. Purify
  11. All Within My Hands
2 commenti
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