7.0
- Band: MICHAEL SCHENKER
- Durata: 00:53:22
- Disponibile dal: 20/09/2019
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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L’ottimo riscontro ottenuto da “Resurrection” e dal conseguente tour ha segnato un momento estremamente positivo per Michael Schenker. Senza alcun indugio il leggendario chitarrista si è messo all’opera per confezionare un degno successore, mantenendo inalterata la formula di successo già vista in “Revelation”: ad alternarsi al microfono vengono confermati Graham Bonnet, Gary Barden, Robin McAuley e Doogie White, e l’intenzione è quella di chiamare altri ospiti ad impreziosire le varie canzoni. Un destino tragico, però, arriva a giocare un brutto tiro: Ted McKenna, il batterista della band di Michael, viene a mancare improvvisamente, a causa di complicazioni insorte durante un intervento chirurgico di routine. La macchina della Nuclear Blast, però, non può fermarsi e ci sono delle scadenze da rispettare: le parti di batteria del nuovo album vengono, dunque, completate da due diversi batteristi, Simon Phillips e Bodo Schopf, mentre viene abbandonata l’idea di coinvolgere tanti ospiti, con una sola eccezione di cui parleremo a breve.
“Revelation”, quindi, vede finalmente la luce e quello che abbiamo tra le mani rappresenta a tutti gli effetti il proseguimento di quanto ascoltato in “Resurrection”, in tutto e per tutto. A partire dalla copertina, che porta avanti il parallelismo messianico passando dall’ultima cena alla crocifissione, l’album si snoda seguendo le caratteristiche che abbiamo già potuto descrivere per il precedente album in studio. La scrittura di Schenker si adatta alle quattro voci a sua disposizione: Barden si fa carico dei passaggi più caldi e blues (“Crazy Daze”); Bonnet usa il suo carisma, dimostrando ancora una volta tutta la sua classe (“The Beast In The Shadows”); McAuley tira fuori le atmosfere hard rock degli anni Ottanta (“Silent Again”); mentre White si cimenta nel materiale più classicamente metallico (“Under A Blood Red Sky”). Anche questa volta non mancano i midtempo rocciosi in cui le quattro voci si incastrano tra loro, perfettamente rappresentati dall’ottimo singolo “Rock Steady”; così come immancabile anche il brano strumentale, in cui Schenker può dare sfogo al suo innegabile gusto solista (“Ascension”). Infine non possiamo fare a meno di citare “We Are The Voice”, che vede la presenza dell’unico ospite incluso nell’album: si tratta di Ronnie Romero (eccellente come sempre) che porta a tre il numero totale di cantanti con il timbro Blackmore-approved presenti nel disco.
Arrivando, quindi, a formulare un giudizio conclusivo su “Revelation”, ci troviamo certamente promuovere questo lavoro, che possiede tutte le caratteristiche che hanno fatto la fortuna dello scorso capitolo discografico. Al tempo stesso, però, non possiamo fare a meno di notare come la scrittura sia così aderente a quanto già ascoltato da far sorgere un po’ l’effetto ‘fotocopia’. Da un parte, poco male, vista la buonissima qualità delle canzoni; ma dall’altra il disco perde un po’ di freschezza, non potendo più contare sull’effetto sorpresa (ospiti, quattro cantanti, musicisti storici del MSG e via dicendo) di cui aveva beneficiato “Resurrection”. Quello che è certo, comunque, è che chi ha amato il precedente capitolo del Michael Schenker Fest troverà sicuramente numerosi motivi per apprezzare e consumare anche “Revelation”.