7.0
- Band: MICHAEL SCHENKER
- Durata: 00:44:56
- Disponibile dal: 29/01/2021
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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Dopo due album registrati con il nome di Michael Schenker Fest, il biondo chitarrista continua la sua partnership con il colosso tedesco Nuclear Blast con un nuovo album e, per l’occasione, rispolvera il suo storico monicker MSG. Una scelta comprensibile da un punto di vista commerciale, perfetta per creare un legame con una parte della discografia di Schenker ancora molto amata dallo zoccolo duro dei suoi fan. Un po’ curiosa, invece, quando ci si addentra maggiormente nei dettagli di questo “Immortal”: se, infatti, la G di “Group” dovrebbe farci venire in mente un collettivo, una vera e propria band, il nuovo album di Schenker si allinea al metodo applicato anche nei due album precedenti, con il chitarrista a fare da fulcro e protagonista dell’opera, coadiuvato dal produttore Michael Voss e da un manipolo di turnisti ed ospiti di lusso a completare il lavoro. Troviamo ad esempio Simon Phillips e Brian Tichy alla batteria, Derek Sherinian alle tastiere, ma la vera rivoluzione avviene dietro al microfono: chiuso il capitolo del Michael Schenker Fest, che vedeva le voci storiche del MSG ritrovarsi a distanza di anni per celebrare la carriera del chitarrista, per questo nuovo album abbiamo altri quattro nomi a dare nuova linfa al progetto. Le canzoni, infatti, vengono divise quasi equamente tra Ronnie Romero, Ralph Scheepers, Joe Lynn Turner e lo stesso Michael Voss, che aggiunge questo ruolo a quello di produttore e co-autore.
Chiunque conosca anche solo di sfuggita lo stile vocale dei cantanti coinvolti, avrà notato immediatamente come i quattro siano diversissimi e questo non ha potuto che riflettersi anche sulla composizione delle canzoni. Anzi, su questo si arriva quasi ad una situazione paradossale, in cui non sono più gli ospiti a mettersi al servizio del protagonista dell’album, ma piuttosto è la scrittura di Schenker ad adattarsi allo stile dei cantanti, risaltandone le caratteristiche peculiari. Per Ralph Scheepers, ad esempio, il chitarrista confeziona due belle mazzate metalliche, “Drilled To Kill” e “Devil’s Daughter”, che non sfigurerebbero all’interno di un album dei Primal Fear. Di Ronnie Romero, Schenker deve aver apprezzato soprattutto lo stile vicino a quello di R.J. Dio, tanto da andare a scrivere alcuni brani che sembrano proprio saccheggiare il patrimonio lasciato da Ronnie: l’epica “Knight Of The Dead” sembra riportarci ad una versione metallizzata dei Rainbow, mentre “Sail The Darkness” ha un incedere fiero e roccioso che potremmo accostare tranquillamente a quello di “Holy Diver”. Dispiace, invece, vedere un Joe Lynn Turner così sottotono, penalizzato da un paio di canzoni non all’altezza del suo nome (soprattutto la pessima “Sangria Morte”, una cavalcata che vorrebbe essere epica ma finisce per perdersi per strada con quel titolo ripetuto con insistenza nel ritornello). Sorprendente, invece, la performance di Michael Voss che, pur non essendo un cantante professionista, fa buon uso del suo timbro naturale, morbido e limpido. Non a caso, a lui vengono affidati i due brani più melodici dalle sfumature quasi AOR, che aggiungono ulteriori colori all’album. Chiude il cerchio una nuova versione di “In Search Of The Peace Of Mind”, brano contenuto nel primo album degli Scorpions e scritto dal chitarrista alla giovanissima età di quindici anni, che vede nuovamente la partecipazione di Gary Barden, Doogie White e Robin McAuley.
Il maggior pregio di “Immortal”, dunque, è proprio la sua capacità di valorizzare i diversi stili dei suoi vari ospiti, con il chitarrista ad esprimere la sua personalità soprattutto negli assoli, suonati sempre con gusto magistrale. Il rovescio della medaglia è quello di avere a che fare con un lavoro che sembra quasi una raccolta di pezzi su commissione: è evidente la maestria di un artista che ha una tale padronanza del proprio strumento da poter suonare praticamente di tutto, eppure la nostra sensazione è che un album come “Resurrection” avesse maggior carattere e fosse in grado di far emergere in maniera più limpida il genio di un chitarrista che, al netto delle sue notevoli asperità caratteriali, ha scritto pagine e pagine di Storia.