6.5
- Band: MICHAEL SCHENKER
- Durata: 00:59:54
- Disponibile dal: 20/09/2024
- Etichetta:
- earMusic
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A volte si tratta di un buon modo per sciogliere obblighi contrattuali, altre un espediente per recuperare i diritti su materiale bloccato da contratti capestro, a volte un tentativo di compiacere i fan più nostalgici o la convinzione (opinabile) di poter fare qualcosa di meglio rispetto al passato: qualunque sia la motivazione, ri-registrare il proprio materiale storico sembra essere diventato un passaggio obbligatorio per molte band dalla carriera pluridecennale.
Questa volta è toccato al buon Michael Schenker che, accasatosi presso la earMusic, decide di reinterpretare i classici più famosi dei suoi anni negli U.F.O. con l’aiuto di un parterre di ospiti stellari.
Diciamo la verità, si fa davvero fatica a trovare un’operazione in questo settore che possa dirsi riuscita, anche senza fare i puristi della tradizione. E come potrebbe essere diversamente, in fondo? Il tempo passa per tutti ed è veramente raro che qualcuno possa mantenere la freschezza, l’ispirazione o la pura energia fisica dei propri vent’anni a distanza di decenni.
Michael Schenker, avendo iniziato la sua carriera da adolescente, è ancora relativamente giovane, rispetto alla mole della sua opera, eppure parliamo comunque di un chitarrista alle soglie dei settant’anni: un chitarrista in formissima, che dal vivo è ancora protagonista di show di alto livello, ma che ovviamente non potrebbe tenere testa alla sua versione più giovane di cinquant’anni. Le nuove versioni dei classici degli U.F.O. sono formalmente ineccepibili e rappresentano una buona fotografia di quello che Michael porta in scena dal vivo, ma di fronte ad un confronto diretto con gli originali, non avrebbero speranza.
Allora cosa salva questa operazione dall’essere la solita zozzeria fatta da tanti illustri predecessori? La risposta è rappresentata proprio dal cast leggendario messo in piedi da Schenker, che si è giocato ogni briciola del proprio (meritatissimo) credito, per coinvolgere amici e allievi in questo revival discografico.
Così abbiamo Stephen Pearcy a dare un taglio sguaiato a “Shoot Shoot” con il suo timbro rock, quel vecchio leone di Biff Byford a cantare sornione “This Kids”; Dee Snider, con la sua solita classe, si diverte con “Natural Thing”; mentre Slash si trova a duettare con Schenker negli assoli di “Mother Mary”. Se dovessimo citare gli episodi più interessanti, comunque, la nostra scelta cadrebbe su “Rock Bottom”, in una versione allungata fino a quasi dodici minuti che vede un inedito Kai Hansen cimentarsi in uno stile molto diverso dal suo; oppure la già citata “Mother Mary”, con alla voce un eccezionale Erik Grönwall, che dovrebbe essere il cantante principale anche del prossimo full-length del chitarrista. Per non parlare, poi, di “Love To Love”, dove Schenker si gioca la carta della superstar, coinvolgendo nientemeno che Axl Rose, che si adatta benissimo alla melodia e all’atmosfera della ballad, per un risultato veramente convincente.
A conti fatti, quindi, questa pubblicazione ci è parsa diversa dal puro e semplice gioco dei classici ri-registrati. Piuttosto, invece, ci ha riportato a quel periodo sul finire degli anni Novanta in cui andavano molto bene i cosiddetti tribute album, con titoli di successo come “Nativity In Black”, “Legends Of Metal” o “Holy Dio”. Esattamente come allora eravamo curiosi di sentire Peter Steele cantare “Black Sabbath” e Andrè Matos “Painkiller”, allo stesso modo possiamo goderci tante nuove interpretazioni, con l’unica differenza che, per una volta, il tributato diventa parte integrante (anzi, promotore) del progetto stesso. Imperdibile? Certo che no. Ma per una volta, almeno, non veniamo assaliti dalla tristezza e dall’imbarazzo.