8.0
- Band: MIKAEL ÅKERFELDT
- Durata: 01:19:21
- Disponibile dal: 05/05/2022
- Etichetta:
- Inside Out
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“Clark” è una serie TV svedese basata sulla storia vera dell’atipico criminale Clark Olofsson, le cui gesta hanno dato vita al concetto di Sindrome di Stoccolma. Il regista Jonas Åkerlund (che ha collaborato con diverse band e lavorato anche per “Lords Of Chaos” e, per breve tempo, è stato musicista nei Bathory) ha affidato la realizzazione della colonna sonora al leader degli Opeth, Mikael Åkerfeldt che, libero dai vincoli compositivi imposti dalla caratura della sua band principale, è riuscito a sbizzarrirsi nella scrittura di musica senza schemi o limiti particolari. Nei sei episodi che compongono la serie stessa, com’è ovvio che sia, considerata la stranezza del personaggio che viene raccontato (criminale seriale sui generis, una sorta di rockstar in patria tra gli anni ’70 e gli anni ’80), ci sono momenti che vanno dal drammatico al comico e che il musicista di Stoccolma è riuscito a caratterizzare con efficacia, dando vita, allo stesso tempo, ad una manciata di pezzi che possono essere ascoltati anche senza essere accompagnati dalle immagini – e questo è forse il pregio maggiore del disco.
Si potrebbe pensare che il formato sia limitante – non deve essere facile per uno come Mikael scrivere composizioni dal minutaggio ridotto – e, in alcune occasioni, si ha come l’impressione di essere all’ascolto di un estratto da qualche brano degli Opeth ma, parallelamente, la possibilità di poter svariare tra generi e stili ha portato un indubbio beneficio alla creatività dello svedese che ha dato dimostrazione, se ce ne fosse ancora bisogno, di avere una cultura musicale che appartiene a pochi: “Clark” è un calderone di generi che va ad esplorare il jazz, il folk, il rock, ma anche il tango, il funk e l’ambient; come ci si potrebbe aspettare non manca il prog, soprattutto nella versione svedese dei seventies che Mikael ama tanto: “Quando Jonas mi ha chiesto della musica strana per una scena che coinvolgeva gli hippies, mi sono divertito molto ad attingere da quella scena per dar vita alla peggior musica che abbiate mai sentito!“. Ed è proprio l’atmosfera piacevolmente retrò e vintage il denominatore comune di questa trentina abbondante di pezzi, dei quali solo quattro contengono parti vocali.
Probabilmente il leader degli Opeth si è divertito come un bambino a scrivere questa colonna sonora (“È una serie pazzesca: non ti addormenterai guardandola!”) e questo entusiasmo, che è percepibile in ogni nota, rende un’opera sulla carta troppo eterogenea e noiosa un piccolo gioiello da gustarsi tutto d’un fiato. Per i cultori delle colonne sonore un’uscita da non perdere.