6.5
- Band: MIKE PATTON
- Durata: 00:42:56
- Disponibile dal: 13/09/2019
- Etichetta:
- Ipecac Recordings
- Distributore: Goodfellas
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Sicuramente una nuova collaborazione di Mike Patton, e parimenti nuovi territori musicali da esplorare, non desta più alcuno stupore in sé. Pensando poi all’amore espresso più volte verso Serge Gainsbourg, il cui catalogo ha esplorato più volte anche assieme all’amico John Zorn, il sodalizio con Jean-Claude Vannier ha il sapore di un matrimonio infine consumato. L’anziano compositore francese, noto per collaborazioni che hanno spaziato da Johnny Hallyday a colonne sonore di peso, ha infatti legato il suo nome, in particolare, all’aver musicato “Histoire de Melody Nelson”, ossia il capolavoro dello chansonnier maudit per antonomasia; e proprio in occasione di un omaggio a Gainsbourg si incrociarono per la prima volta la strada di questi due instancabili geni. Il risultato è un dignitoso album di swing moderno, con praticamente un’orchestra a supporto di arrangiamenti molto ricchi e variegati: tra gli ospiti troviamo, oltre al Bécon Palace String Ensemble, diversi turnisti di Beck o il talentuoso chitarrista Bernard Paganotti, che annovera anni di intensa attività coi Magma nel suo carniere. E Mike Patton, quindi? Qui lo schizoide cantante sembra assumere una posizione di seria contemplazione e apprendimento, e plasma linee vocali che seguono con devozione e stima quanto composto da Vannier – le registrazioni sono infatti avvenute a distanza; emerge così il lato più crooner di Patton, che alterna momenti ammiccanti e prossimi al vaudeville (“Camion”, oppure “Browning”, tra Buscaglione e i film di gangster), ad altri più intimisti e malinconici (“Chanson d’Amour”, “Insolubles”), con un sottotesto di languore generale che riporta alla mente proprio l’opera di Gainsbourg, pur con tutti i distinguo del caso. E pare una sorta di ampliamento di orizzonti oltralpe dell’esperimento Mondo Cane. È importante rilevare, da questo punto di vista, come il lato scherzoso insito nel cantante californiano non sia mai sarcastico nell’affrontare anche i percorsi più impervi e lontani dalle sue corde – supposte, a questo punto, dopo quasi un quarto di secolo di sperimentazione, a 360 gradi; al tempo stesso, però, è innegabile che la sua onestà creativa non porta sempre a risultati eccellenti: è proprio questo il caso di “Corpse Flower”, che risulta un omaggio piacevole ma non certo indimenticabile a una passione personale.