8.0
- Band: MINISTRY
- Durata: 00:47:59
- Disponibile dal: 09/03/2018
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
Spotify:
Apple Music:
Come una mitologica fenice, Al Jourgensen ci ha abituato da tempo alle sue miracolose e inaspettate resurrezioni, non solo in senso figurato, peraltro. Dopo aver sepolto una prima volta i Ministry diversi anni or sono e aver lasciato intendere che la scomparsa dell’eterno sodale Mike Scaccia avesse posto la parola fine all’avventura della sua band, eccolo invece tornare con compagni di viaggio vecchi e nuovi, con un lavoro dalla forma francamente smagliante. “AmeriKKKant” è infatti il maturo esito della vita di un uomo che ha saputo lasciarsi alle spalle non pochi problemi e ferite, e che anche all’alba dei sessant’anni sa esprimere il suo genio musicale e farsi guidare energicamente dai suoi demoni interiori. Tematicamente, come ai tempi di “Psalm 69” e della trilogia dedicata a Bush Jr. (“Houses Of The Molé” e i due album seguenti), è l’osservazione della politica e della società, in particolare americana, a costituire la spina dorsale di questo lavoro, e i titoli sono chiari, a riguardo; così come frequenti sono i campionamenti distorti tratti da discorsi o proclami di Donald Trump, vittima di ritorno dell’esplicita “Victims Of A Clown”. Musicalmente, invece, ci troviamo di fronte all’album più organico prodotto dai Ministry dai tempi di “Filth Pig”, con la differenza che l’abuso di droghe è qui alle spalle e quindi la resa sonora e l’intensità ne beneficiano; risulta per questo quasi superfluo citare singoli brani in questo unicum potente, alienante e a tratti ipnotico, anche grazie alla scelta di riproporre in diversa salsa passaggi o sample all’interno di brani differenti. Abbiamo comunque diffuse derive dub (“I Know Words”, “Game Over”), pezzi quadrati e aggressivi come l’ennesimo capitolo dell’assordante saga “TV” (qui declinata al capitolo 5/4 Chan, con riferimento al noto forum online) e un paio di brani più diretti, tra cui il singolo “Antifa” – forse la traccia più banale, nel complesso – o “Wargasm”. L’album è a notevole prevalenza elettronica, il che porta al dovuto plauso per John Bechdel, defilato ma essenziale tastierista dei Ministry da oltre dieci anni; ma con gli ascolti si dispiega alle orecchie il gran lavoro alle chitarre di Sin Quirin, degno compagno di viaggio in questa nuova parte di carriera di Jourgensen, e insomma è difficile trovare qualcosa che non funzioni. Se volete tuffarvi senza rete in un impietoso viaggio che parte dalla provincia americana, e attraverso acidi impulsi sinaptici porta a riflettere anche su questa parte del mondo, i Ministry sono tornati con le lame affilate.