7.5
- Band: MINISTRY
- Durata: 00:54:43
- Disponibile dal: 10/09/2013
- Etichetta:
- 13th Planet Records
- Distributore: Audioglobe
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Paul Raven ci ha lasciato le penne e alla fine anche Mike Scaccia ci è rimasto secco. Ma lo zio Al no, lui è sempre qui, dopo aver rischiato di crepare mille volte, e non solo è ancora in vita dopo decenni di follie ed eccessi di ogni sorta che avrebbero ammazzato chiunque, ma ci ha anche regalato un altro splendido album dei Ministry destinato a preservare in tutto lo satus ormai leggendario di questa folle band. “From Beer to Eternity” e’ l’ennesimo dito medio sventolatoci davanti alla faccia da parte di uno dei progetti più longevi, prolifici e fuori dagli schemi che l’extreme metal abbia mai visto. Questo sono i Ministry, un carrozzone di pazzia e sregolatezza infinito, capace di portare alla fossa i propri membri ma mai di sbagliare un colpo sotto l’aspetto prettamente musicale. I Ministry sono una band sregolata e autodistruttiva in tutto ma capace di produrre qualità, sempre. Sono una band scellerata e dannata a trecentosessanta gradi ma mai priva di cognizione e di una sua folle logica interna. Di riflesso, per l’ennesima volta, la musica non può che seguirne come un’ombra la natura. “From Beer to Eternitiy” è infatti null’altro che l’ennesimo stramaledetto, pazzissimo e sfrontatissimo album di Jourgensen & Co. fatto nient’altro che di una strafottenza, di una paraculaggine e di un’attitudine inimitabile, ma alla fine, innegabilmente, anche di canzoni che funzionano alla perfezione forti di riff sempre ispiratissimi e di un songwriting dominato da professionismo puro. Siamo lontani dalle esaltanti iperboli cyberpunk di inizio anni Novanta, ma oggi i Ministry sono qualcos’altro, il folle party di un uomo che non conosce né morte né vecchiaia e che rimarrà col dito medio alzato e la doppietta puntataci dritta in faccia finché avrà le forze per farlo. C’ è tanto rock and roll in questo disco, una slavina di rock and roll anfetaminico, perverso e drogatissimo. ZZ Top, AC/DC, Thin Lizzy e Aerosmith forzati in un olocausto cibernetico inarrestabile e spietato in cui però non manca mai quella abbordabilissima vena di ironia e strafottenza che ha reso celebre la band negli ultimi anni e ne ha caratterizzato tutti i lavori dall’inizio del loro periodo anti-Bush ad oggi. Di riff come al solito il lavoro non è solo pieno ma ne è satollo, segno inequivocabile che il sognwriter Al Jourgensen non solo non è morto, ma probabilmente neanche creperà mai. Quest’uomo ha il riff nel sangue e non fallisce mai un colpo, permettendosi anche un lusso dopo l’altro e infilando ovunque assoli al fulmicotone che farebbero raddrizzare la barba a Kerry King, pattern ritmici spezza-schiena e linee di synth schizzatissime e fuori controllo. Le drum machine sono sempre lì a martellarci le sinapsi inarrestabili come non mai, e a ricordarci che la genesi dell’industrial metal è indissolubilmente legata a – se non causa di – questa band. L’uso delle tastiere e del riff, a metà strada tra la quarta guerra mondiale tra Terminator e umanoidi e il boogie sudista da redneck dei ranch e dei saloon del profondo sud, rimane tutt’ora ineguagliato e inimitabile, e l’attitudine tutta, del disco, dei suoni, del songwriting e soprattutto delle voci è come sempre quella dei veterani che non devono spiegare, giustificare o argomentare nulla a niente e a nessuno poiché sono sostanza pura. Certo, magari la serietà di un tempo, il gusto e il tatto nel voler creare album rivoluzionari e ambigui, o la semplice spinta creativa della band che negli anni Novanta ci ha regalato capolavori assoluti ormai sono spariti o si sono assai affievoliti in favore di una prolificità più scanzonata, e in effetti ciò che maggiormente trapela da questo lavoro è una sfrontatezza festaiola e balorda incontenibile. Ma all’atto pratico non si potrà mai negare che lo zio Al ha la musica di qualità nel sangue – sotto qualunque forma questa si manifesti, e che un album dei Ministry scadente o banale ormai possiamo stare ben certi che probabilmente non lo vedremo mai. Insomma, il momento è giunto di nuovo: inchinatevi, per la centesima volta, davanti all’ennesimo successo dello zio Al e dei suoni Ministry.