8.0
- Band: MINISTRY
- Durata: 00:55:20
- Disponibile dal: 28/03/2025
- Etichetta:
- Cleopatra Records
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I Ministry sono la classica band il cui assodato stato di culto diventa facilmente un’arma a doppio taglio. I loro ultimi dischi, diciamo dopo la mitica trilogia “anti Bush” (e parliamo di diciotto anni fa, con “The Last Sucker”), sono stati talvolta annunciati come l’ultimo, certo capitolo di una storia gloriosa; hanno avuto alti e bassi compositivi, senza mai scadere in esiti pessimi, e hanno espresso scampoli di coraggio – soprattutto nelle derive più dub e rallentate degli ultimi due full-length – anche se non sempre hanno conquistato i fan.
Quale mossa più coraggiosa e spiazzante, quindi, che tornare agli albori, specie se questo significa affrontare i fantasmi di “With Sympathy”? Per chi non fosse un seguace sfegatato di Jourgensen, quel primo disco pubblicato nel 1983 ha rappresentato a lungo, per lo Zio Al, una vera e propria nemesi; grazie al discreto successo di un paio di singoli nati sui solchi del synthpop, l’allora imberbe e inesperto padrino dell’industrial si è trovato – e usiamo le sue parole – sfruttato e stuprato dall’Arista Records, costretto a pubblicare un disco che non solo risulta anni luce lontano da ciò che lo renderà un mito negli anni a seguire, ma suona davvero falso e poco sentito, con arrangiamenti dozzinali e poco ispirati. Non a caso, fino a qualche anno fa, non era il caso di citarne nemmeno l’esistenza (esperienza fatta in prima persona…) e per farsi autografare copie di quel disco, Jourgensen pretendeva una donazione di almeno cinquecento dollari a un ente di beneficenza.
Cos’è cambiato quindi nel 2025? Dobbiamo solo accusare, o ringraziare, la tendenza a gesti d’impeto se oggi – per di più mentre in studio ha ripreso a lavorare con il mitico sodale Paul Barker – i Ministry si sono messi d’impegno a ri-registrare i brani di oltre quarant’anni fa? Può essere. Del resto, l’imprevedibilità è uno dei punti di forza di questa band e, guarda un po’, ne esce un disco dotato di una freschezza e di un senso di divertimento che non percepivamo da tempo.
Attenzione, non vi aspettate lo stravolgimento totale in chiave industrial di quei nove brani – più tre nella versione in CD, anche se, oggettivamente, “Just Like You,” “We Believe“ e “Over The Shoulder” non presentano grandi novità rispetto a quanto sentito su “Twitch” – bensì il meritevole e inaspettato riarrangiamento di pezzi che, non a caso, assumono nuova dignità.
Fin dall’iniziale “Work For Love”, uno dei pezzi che più restano ancorati alle sonorità ‘leggerine’ del tempo, si sente uno spirito differente e si coglie come questi brani non fossero pessimi tout-court, anzi; si sente il contributo delle chitarre, mai troppo pervasive, mentre i tappeti di tastiere suonano decisamente meno scontati e più corposi. Inoltre, Jourgensen riesce a mettere in campo una varietà vocale che dona profondità e nuova dignità ai brani; specie se pensiamo a quel forse divertente, ma orrido accento finto inglese che usò al tempo. Così, ci si accorge che una “Here We Go” anticipa quasi la prima Madchester, il goth rock di “Revenge” o “I’m Falling” non sarebbe stonato nel repertorio dei Sisters Of Mercy, mentre “Same Old Madness” segue i solchi dei Killing Joke coevi.
Aspettiamoci quindi giacche con i lustrini e bacetti dal palco nel tour estivo – come del resto anticipato dal video della divertente “I’ll Do Anything For You” – e partiamo dal presupposto che un disco con questa copertina, ossia uno scoiattolo con un’erezione mostruosa in bella vista, non può deludere; solo stupire con ampi sorrisi.