6.5
- Band: MISERY INDEX
- Durata: 00:46:00
- Disponibile dal: 23/05/2014
- Etichetta:
- Season Of Mist
- Distributore: Audioglobe
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Qualcosa è cambiato nei Misery Index. Forse sono solo invecchiati, oppure è semplicemente venuta loro voglia di rallentare e di provare a misurarsi con altri registri. Dopo quattro album (e innumerevoli EP e split) di feroce e frenetico death-grind, il quartetto statunitense con “The Killing Gods” dà alle stampe la sua opera più controllata e cupa: il death metal diventa il cardine indiscusso della proposta, mentre la componente grind/hardcore – responsabile da sempre di dare dinamismo ed imprevedibilità al tutto – viene questa volta relegata in un angolino. Le strutture si fanno più disciplinate e il minutaggio complessivo si allunga: ora non è più un evento vedere i Misery Index affidarsi ad un solido riff portante e sfornare tracce di quattro/cinque minuti. L’incipit dell’album è addirittura affidato ad una suite divisa in cinque movimenti, “Faust”, che, tra arpeggi e atmosfere molto dense, si rivela subito come una delle composizioni più ambiziose del repertorio del gruppo di Baltimore. Dopo questo avvio, particolare per i vecchi canoni dei Nostri ma innegabilmente riuscito, il disco prende la via del compromesso, con episodi di corposo death-thrash basati su un lavoro di chitarra tanto stentoreo quanto un pochino trito, e tipici numeri alla Misery Index dove le trame si fanno più convulse e serrate (vedi l’ottima “Sentinels”). In generale, “The Killing Gods” dà l’idea di essere stato composto in più fasi e a tratti pare risentire di un’ispirazione un po’ discontinua: il piglio polemico tipico della band c’è tutto, ma qua e là sembra mancare quella vivacità a livello ritmico e di guitar-work che tanto ci aveva fatto apprezzare le opere precedenti. In certi casi i Misery Index danno l’idea di aver tirato il freno un po’ troppo e di essersi ingenuamente privati di quegli elementi che rendevano la loro musica così vitale: la ricerca di un suono maggiormente quadrato ha prodotto anche alcune tracce dall’impronta death metal un po’ scontata, con riff un po’ piatti e varie autocitazioni, e altri brani che paiono dilungarsi oltremisura senza prendere una direzione precisa. A conti fatti, i quarantacinque minuti di “The Killing Gods” si ascoltano comunque serenamente – la prima parte della tracklist è appunto molto buona – ma l’esplosività dei vecchi dischi qui viene solo lambita. D’altronde, anche il più oliato dei kalashnikov ogni tanto si inceppa.