8.0
- Band: MISERY SIGNALS
- Durata: 00:49:33
- Disponibile dal: /09/2006
- Etichetta: Ferret Music
- Distributore: Andromeda
Secondo episodio della saga Misery Signals e altro gran colpo per il gruppo statunitense, in virtù di un sound assolutamente personale che miscela progressive e post rock, usando come collante massicce dosi di metal-core evoluto. In altre parole, è quasi come se i Between The Buried And Me, gli Shai Hulud, i Meshuggah e i primi Hopesfall si ritrovassero per una jam session, dando vita ad un album heavy, tecnico, frenetico e complesso, che accanto a breakdown di una pesantezza allucinante propone lunghe parentesi acustiche e melodie oblique. Impossibile non rimanere affascinati dalle trame ammalianti ed evocative di “The Failsafe” o della title track, dove linee vocali veramente ben concepite, grandi intuizioni melodiche, toccanti arpeggi, aggressive aperture groovy e spiazzanti cambi di tempo dettati dal talentuoso drummer Branden Morgan si susseguono senza sosta con una coerenza strabiliante. Descrivere minuziosamente ogni singola traccia del disco sarebbe impresa ardua, tanto quest’ultimo è vario e strutturato: vi basti sapere che la forza del quintetto trapela in maniera cristallina per tutto l’arco della tracklist e che non c’è un solo episodio nel quale i nostri non mettano in mostra classe e intraprendenza. “Mirrors” non è un dischetto da ascoltare in sottofondo: di certo non è un lavoro che colpisce per accessibilità, ma col tempo svela significati sempre più profondi. Grazie alla loro sapiente stratificazione strutturale, le canzoni dell’album arrivano infatti a lambire ogni sensibilità più nascosta, dimostrando in più occasioni come la cerebralità non necessariamente si pone in contrasto con l’emotività. Prodotto egregiamente da Ben Schigel (Walls Of Jericho, Chimaira) e corredato da un artwork davvero particolare, il secondo full-length dei Misery Signals non fa rimpiangere il notevole debut “Of Malice And The Magnum Heart” (disco che era stato prodotto niente meno che da Devin Townsend!) e finisce per rivelarsi senza ombra di dubbio come uno dei lavori in campo ‘core’ più riusciti del 2006. Per tutti coloro i quali non ne possono più dei riff “svedesi” e dei forzatissimi ritornelli in voce pulita.