7.0
- Band: MISS MAY I
- Durata: 00:36:41
- Disponibile dal: 07/08/2015
- Etichetta:
- Rise Records
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A poco più di un anno di distanza dall’ultimo “Rise Of The Lion”, tornano alla carica i Miss May I, tra le formazioni più prolifiche della ‘nuova’ ondata metalcore, se di nuova si può parlare per una band giunta al quinto full-length in soli sei anni di attività. Se in termini di fertilità siamo ai livelli dei migliori Caliban, anche dal punto di vista della creatività non si va poi molto lontano, visto che il quintetto dell’Ohio non fa mistero di volersi ispirarsi ai grandi classici del genere (As I Lay Dying, Unearth, Killswitch Engage), giocando anzi stavolta di rimessa con il ritorno dello storico producer Joey Sturgis dopo la non esaltante parentesi con Terry Date. Da buoni discepoli dei già citati AILD – pur restando mezza spanna sotto, in termini sia di ormoni che di feromoni, rispetto all’ex-band di Lambesis -, i Nostri partono subito sparati con il primo singolo “I.H.E” e “Trust My Heart (Never Hope To Die)”, due buoni pezzi dove le ritmiche sostenute e lo screaming di Levi Benton (sì, il nipote di QUEL Benton) vengono stemperate dalle sempre più azzeccate clean vocals del bassista Ryan Neff e dal buono lavoro alla solista di BJ Stead. Si cambia leggermente registro con “Psychotic Romantic”, remix in salsa metalcore dei penultimi In Flames, mentre la prima vera sorpresa arriva con la title-track, in cui il fantasma dei Chimaira, sia a livello ritmico che vocale, aleggia fino al ritornello melodico dal sapore quasi gothic, facendone uno dei pezzi più riusciti. Pollice alzato anche “Bastards Left Behind” – perfetta per l’esecuzione live, grazie ad un riff ipnotico da accompagnare in coro -, mentre il lato B mostra il fianco a qualche critica (i breakdown telefonati di “Arise”, il chorus meno riuscito di “Turn Back the Time”, il riff di “Empty Promises”copia/incollato da “Beyond The Flames” dei KSE ), salvo poi riprendersi nel finale con la pacca di “The Artificial” e, soprattutto, la conclusiva “Born From Nothing”, pezzo che non avrebbe sfigurato su un “An Ocean Between Us”. Non saranno dei mostri di originalità, come testimoniato dai numerosi di termini di paragone, ma tra i tanti mestieranti del melo-core i Miss May I sono tra i più onesti e, tutto sommato, divertenti. Come direbbe Setve Jobs, “stay angry, stay metal“.