6.5
- Band: MITOCHONDRIAL SUN
- Durata: 00:26:39
- Disponibile dal: 10/09/2021
- Etichetta:
- Argonauta Records
- Distributore: Goodfellas
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Niklas Sundin sembra proprio averci preso gusto, tanto che l’EP “Bodies And Gold” è già la terza opera a vedere la luce dalla fondazione della one man band Mitochondrial Sun nel 2019. Ancora una volta il chitarrista svedese ci guida in un affascinante viaggio spaziale e, come consuetudine, la distanza percorsa dai corpi celesti precedenti si può misurare in diversi anni luce: con il nuovo album siamo, infatti, lontanissimi dall’atmosferico black metal del recente “Sju Pulsarer”, mentre l’omonimo album di debutto sembra essere relativamente più vicino, pur sempre con le dovute differenze, considerando che il progetto è definito proprio dal suo pilota come in continua evoluzione. Questa volta, quindi, ci troviamo di fronte ad un disco di elettronica dalla connotazione ambient e con accenni di classica moderna, sempre strumentale come negli episodi precedenti, in alcuni momenti con un suono spartano e meditativo, in altri con ritmi più serrati – aspetto, quest’ultimo, più marcato che nell’esordio, quasi fossimo nel bel mezzo di una tempesta solare. Ciò che accomuna “Bodies And Gold” alla musica precedentemente prodotta dall’ex Dark Tranquillity è senza dubbio quella dicotomia tra la freddezza dei suoni sintetici, nettamente predominanti, e la forza di quelli più genuini, comunque presenti, che rispecchia le due anime del progetto, evidenti sin dal monicker che mette in relazione la parte più recondita dell’essere umano con la stella madre del sistema solare. Sundin dimostra di non essersi improvvisato novello Mike Oldfield da un giorno con l’altro (stiamo parlando di un artista che ha già ampiamente dimostrato di essere trasversale), di avere insospettabili capacità di songwriting anche in un campo nel quale ha iniziato a navigare da non molto tempo e risulta convincente sia nei momenti più austeri come l’introduttiva “Sic Transit Anima Mundi” sia in quelli in cui i suoni si fanno ipnotici e ritmati come “Ghost Of Tradition”, andando a comporre sei pezzi che scorrono fluidi e vanno ascoltati uno di seguito all’altro per percorrere il viaggio nella sua completezza.
Probabilmente un disco che non farà proseliti tra i puristi dell’elettronica, ma di certo una piacevole esperienza per chi, come noi, non è propriamente avvezzo a queste sonorità.