6.5
- Band: MITOCHONDRIAL SUN
- Durata: 00:40:51
- Disponibile dal: 14/02/2020
- Etichetta:
- Argonauta Records
- Distributore: Goodfellas
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Niklas Sundin, il chitarrista co-fondatore dei Dark Tranquillity, che attualmente, pur facendo parte della band di Goteborg a tutti gli effetti, non ne sta seguendo le tracce dal vivo, chissà da quanto tempo aveva pronto in saccoccia un disco come “Mitochondrial Sun”, prima opera del suo side-project electro-ambient chiamato proprio con questo nome…
Mitochondrial Sun, Sole Mitocondriale, un monicker che esplora sia il microcosmo intrinseco che il macrocosmo stellare, dall’introspezione di una ricerca cellulare al divagare di un viaggio cosmico, all’interno e all’esterno di un’anima sempre stata sensibile e sempre affascinata dalla scienza, dallo spazio e dalla chimica. Basti pensare ai complicatissimi testi metafisici che lui e Mikael Stanne scrivevano spesso in coppia, all’epoca dei primi dischi dei Dark Tranquillity, prima che il rossocrinito vocalist, a partire da “Projector”, si impossessò dell’autonomia lirica in seno alla formazione svedese. E basti pensare ad alcune loro composizioni più ‘recenti’ in cui lo zampino di Niklas si sente ancora ben chiaro (“Inside The Particle Storm”, “Iridium”, “Arkhangelsk”) per capire quanto Sundin abbia a cuore certe tematiche. Che poi le esprima attraverso del death metal melodico oppure tramite un disco interamente strumentale di musica elettronica e atmosferica, be’…poco importa!
Il progetto Mitochondrial Sun, dunque, si sviluppa attorno ad un piuttosto agile lavoro di composizione a tratti minimale, a tratti più ricca di arrangiamenti e curata, per un risultato finale che soddisfa abbondantemente nella sua prima parte e che però lascia molto amaro in bocca nel prosieguo dell’album, quando nella seconda metà la qualità e la caratura degli episodi proposti cala vistosamente, in fantasia, in intensità e in profondità. Il mixing di Anders Lagerfors, il tecnico che si occupò delle bonus-track non-metal di “Atoma”, ultimo lavoro dei Dark Tranquillity, è impeccabile e catapulta rapidamente il fruitore nel reame visionario e senza tempo di Niklas, che ben possiamo immaginare anche grazie all’artwork realizzato e anche grazie a tutti gli innumerevoli artwork che il musicista, nei panni del suo alter-ego da notissimo graphic designer, ci ha regalato negli anni: un panorama brullo, asettico, algido, corroso dallo scorrere del tempo, ma che nei crepacci e nelle faglie abissali s’infervora ancora di vita, in una lotta per sopravvivere all’oscurità. L’apertura affidata alla stupenda “Ur Tehom”, con rintocchi spettrali di grand piano e un giro di tastiere commovente, ci ricorda da vicino il post-rock depresso degli Unreqvited più sperimentali, mentre tappeti crescenti di synth ci avvolgono in un bozzolo di puro buio; nella seguente “Chronotopes” è il violoncello a giungere protagonista, strumento spesso usato nel corso di “Mitochondrial Sun” ed utile ad affossare ancor più in una classe decadente e raffinata un disco che parte davvero benissimo, lanciandosi subito dopo nell’avventura neo-folk di “Braying Cells”, altro brano assolutamente riuscito dal forte sapore medioevale. L’elettronica usata da Niklas è delicata, quasi mai dirompente, di volta in volta lascia spazio ad una melodia, ad un arco, ad un accordo di pianoforte, per sostare nelle retrovie e dare il giusto apporto in termini di sottofondo, di loop delicati e di crescendo d’atmosfera. Dopo la meno incisiva “Stars Beneath The Sea”, si arriva al singolo “Nyaga”, di gran lunga l’episodio migliore della tracklist e anche quello più movimentato, che più si avvicina – attenzione, si tratta di spiagge ancor lontane comunque! – a sonorità metalliche. Da qui in avanti, partendo dalla prolissa “Celestial Animal” per giungere, attraverso le meno ispirate “Arkadia”, “The Void Begets” ed “Entropy’s Gift”, alla finale e caotica “The Great Filter”, l’album scema lentamente abbassando quel buon grado di adrenalina ed eccitazione che i primi venti minuti ci avevano donato. Purtroppo, e peccato.
In definitiva, “Mitochondrial Sun” ci pare un lavoro che possa piacere parecchio anche a chi non è abituato all’elettronica tout-court, così come lo siamo noi. Sicuramente, nel genere, esiste di meglio, ma siamo anche certi della competenza compositiva di Sundin e della sua onesta genuinità. Chiaro che se non avete letto niente a proposito di questo progetto e vi aspettate un album di metal estremo, troverete di fronte a voi esattamente l’opposto. Ma proprio il contrasto è il segreto ed il fulcro della musica creata da un songwriter completo e ardimentoso, per nulla timoroso di andare fuori dal seminato e, anzi, riuscendo a terraformare un mondo personale e affascinante. A metà, però.