6.5
- Band: MOLDER
- Durata: 00:33:00
- Disponibile dal: 08/11/2024
- Etichetta:
- Prosthetic Records
Spotify:
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Il terzo full-length dei Molder (il secondo pubblicato da un’etichetta ‘di peso’ come la Prosthetic) è il classico lavoro figlio della riscoperta di sonorità death metal tradizionali avvenuta sul suolo statunitense nell’ultima decina d’anni. Un album che non vuole reinventare la ruota e che anzi, al contrario, fa di tutto per aderire a quei canoni entrati nell’immaginario collettivo del genere, rievocandoli a livello di copertina, produzione e – ovviamente – songwriting con il solo scopo di omaggiare i vecchi capisaldi e di cavalcare un trend che continua a godere dei favori del circuito underground.
Per dare forma alla cosa, il quartetto dell’Illinois sceglie di puntare sulla mordacità e su un suono pimpante in cui gli influssi thrash metal sono ancora piuttosto evidenti, bypassando quindi le derive dense e fumose adottate da molti coetanei (figlie sia della scuola finlandese che di quella Incantation/Immolation) e preferendo il contenuto di classici come “Consuming Impulse”, “Cursed”, “The Rack” o “The Ten Commandments”, in un’operazione che, senza tornare così indietro nel tempo, richiama giocoforza i primi sforzi degli ormai grandi Skeletal Remains.
A fronte di questa visione, si può dire che il risultato sia buono ma non certo sconvolgente in termini di impatto e capacità di rielaborare un canovaccio arcinoto in maniera fresca e accattivante, con la formazione americana a posizionarsi sicuramente più dalle parti di mestieranti come Maul o Coffin Rot, piuttosto che da quelle di Necrot, Laceration o dei suddetti autori di “Fragments of the Ageless”.
I Nostri hanno fatto i compiti a casa e non arrivano a questo test impreparati, tant’è che non dubitiamo che la loro musica, traslata nel contesto live, possa esaltarne il nerbo giovanile, ma su disco – specie in un’epoca così inflazionata di uscite e di opere notevolissime nei loro riadattamenti nostalgici – non sembrano possedere i riff e le strutture per elevarsi sopra la media, o per sperare di sopravvivere al fenomeno revival che andrà inevitabilmente scemando da qui a qualche tempo.
Detto questo, preso per quello che è, ossia un concentrato di death/thrash ignorante e verace che non ha pretese al di fuori dell’intrattenere gli aficionados o del fornire ai suoi autori una scusa per andare in tour, “Catastrophic Reconfiguration” resta un’opera gradevole; un ‘more of the same’ che, complici brani divertenti come l’opener/title-track e “Masked in Mold”, intrattiene stampando di tanto in tanto un ghigno in faccia, proprio come quei b-movie horror da cui i Molder attingono per il loro immaginario fatto di zombi, mutazioni genetiche e gente ammazzata.
A seconda del vostro livello di fanatismo per le sonorità citate, sentitevi liberi di approfondire o passare oltre.