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- Band: MONKSODA
- Durata:
- Disponibile dal: //2001
- Distributore: Self
Disturbo,ecco.E’ un costante e sottile disturbo armonico a cingere la poesia dei Monksoda.Una novità,inattesa,che avvolge l’udito corrompendo il silenzio,celando i contrasti:contrappunto in tensione. Esperimento-Idea-Azione : è quanto regge questo progetto artistico, totalmente estraneo da ogni sorta di catalogazione, timidamente tentata già da qualcun’altro che sembra proprio non riesca a non trattenersi dall’immergere a tutti i costi anche il genio artistico nello schematismo proprio dei mediocri, con pallidi esempi che neanche da lontano sfiorano la portata emblematica della concettualità e dell’ immaginario che i Monksoda sanno creare/alterare/distruggere con la loro Arte.Musicisti,prima ancora di qualsiasi cosa,volti all’essere artista,che nell’ espressività del suono riescono a plasmare tinte e colori,immergendoli in un liquido di emozionalità .”Safe And Sound” è il disco che i Tool avrebbero dovuto comporre,per poter essere consegnati alla storia,e che i Primus avrebbero dovuto immaginare come possibile evoluzione del loro sound che troppo poco regala alle emozioni dell’epiderme,ed in ultima analisi,è il disco che con molta probabilità erediterà le esequie lasciate interrotte degli indimenticati Faith No More.Monksoda è un collettivo di musicisti ispiratissimo, che nell’unione,trovano l’equilibrio del singolo.Nulla è lasciato al caso, anche se molto è lasciato all’improvvisazione;tutto appare centellinato in vista di una visione globale dell’opera, ma al tempo stesso, sembra diluirsi nel non-finito,che è in effetti contorno e frontiera di ogni singola canzone.Brani stupendi,come l’opener “Voices(Network Analysis)”,”Monotonia D’Amore(Riflessi di)”,o ancora “Teenager”,”I’m God”,”My Best Disguise” e ancora tanti altri,capaci di emozionare,davvero. Una voce,quella di Emilio Cozzi (sorprendente screamer sul debutto della promessa italiana Kaoslord) – figlia del migliore dei Mike Patton,erede di una tradizione di voci esperte, non liriche fino al punto della contemplazione di improprie virtù geometriche, ma emozionali fino all’orlo del cuore;una chitarra,quella di Alberto Turra, che ammalia come poche,che costruisce progressioni inattese,giocando con il senso dell’avanguardia a tal punto da stravolgerlo e far sì che tutto suoni così immensamente semplice e sereno.E poi il basso primattore di Ivan LoGiusto, la batteria di Stefano Longhi,precisa e mai invadente,ed il lavoro dietro le tastiere ed il computer di Miky Marrocco, di un’economia fondamentale,anche se non indispensabile, all’interno dell’opera intera.Intuizioni tante,tantissime,idee in abbondanza e sentimento che trabocca da ogni centimetro,per un pedaggio assolutamente d’ obbligo a chiunque ami la musica e l’arte, ancor prima del collezionare dischi di (in)successo con i loro rispettivi cloni.