7.0
- Band: MONO
- Durata: 46:20
- Disponibile dal: 10/14/2016
- Etichetta:
- Pelagic Records
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Nono album per la formazione capitanata da Takaakira ‘Taka’ Goto e ancora una volta sembra piacevolmente suadente immergersi nelle sue timbriche malinconiche ed epiche che hanno contraddistinto molto del panorama post-rock degli ultimi vent’anni. Introdotto dalle illustrazioni in copertina tratte dalla disamina artistica che il grande Gustave Dorè fece sull’opera magna di Dante, “Requiem For Hell” è frutto di un’immersione, a detta dello stesso leader della band, nelle viscere dell’Inferno della Commedia, nella penitenza purgatoriale fino al Regno dei Cieli e di nuovo indietro alla realtà. Oltretutto l’album è dedicato alla figlia dell’amico di vecchia data della band, Jeremy di Temporary Residence, in attesa che la bimba diventi grande e possa apprezzare il lavoro offertole dal quartetto giapponese. In “Ely’s Heartbeat” c’è proprio il rumore del cuore della neonata preso direttamente con gli apparecchi medici e le timbriche del brano, così come la sua intenzione principale, sembrano ricordare le interpretazioni più dedicate del magnifico “For My Parents” del 2012, arrivando ancora una volta ad affermare l’umanità di questi musicisti che, nonostante i premi e le gratificazioni continue per una carriera sicuramente emozionante, non hanno mai abbandonato il lato umano del fare musica, la controparte emotiva dell’essere su un palco, con le famiglie private e con quella dei fan presenti alle loro continue peregrinazioni in tutti il mondo (ad oggi, stando ai comunicati, il loro tour annuale consiste solitamente in 150 date e la band ha visitato 50 paesi), del caricare e scaricare da sé i propri strumenti, di rimanere fino alla fine a firmare autografi sui cd, di ringraziare di cuore ogni persona che si presentasse a stringergli la mano. Difficile è infatti sdoganare questo tipo di musica dalle sue particolari affinità, connessioni, contingenze con altri elementi che ruotano intorno a quello che è uno dei progetti rock forse più importanti del Giappone e uno degli emblemi del post-rock strumentale di oggi. Con “Requiem For Hell” i Mono non si reinventano, non modificano lo spazio entro il quale inquadrare la loro proposta di post-rock epico e cinematografico, ma, come di consueto, offrono del materiale che suggella ogni volta la loro presenza in quello status di Maestri di Genere. L’album si avvale ancora una volta dell’aiuto di Steve Albini, che mantiene funzionanti le dinamiche di un album come quello che i Mono devono far uscire. senza snaturarne alcuna delle sue carte vincenti. Tra le vaghe maree sinfoniche di “Stellar”, pacata e collinare, ritroviamo infatti anche i saliscendi propri della band nei diciotto minuti della title-track, con quegli arpeggi che la coppia Taka e Yoda ha ormai imparato a definire come emblema di un modo di interpretare l’arrangiamento basico di un brano post-rock. Gli intrecci arpeggiati si vanno ad infittire con rintocchi di glockenspiel per poi aggiungere quelle splettrate continue riverberate che vanno a manifestare il crescendo melodico del brano fino al suo spannung espressivo (molto vicino alle tendenze metal presenti in “Rays Of Darkness”) che capita quando deve capitare, come naturalmente ci si aspetta, passando per punti intermedi che, in canzoni come questa, riescono ancora a far apprezzare alcune scelte di scrittura dei brani da parte della coppia ritmica formata da Takada e della fascinosa Tamaki (come con quel pattern quasi ‘disco’ della parte centrale del brano o l’ultima sfuriata infernale). In questo nuovo album, c’è da dirlo, non c’è niente che non sia già uscito per mano dei suoi fautori, e nulla che non si possa trovare in giro in qualche altro antro post-rock underground mondiale su Youtube, Bandcamp e Spotify, ma l’affacciarsi ad una nuova uscita dei Mono vuol dire rivivere l’esperienza trascendente della sua musica e della vicinanza coi suoi autori. Nulla di nuovo, dunque. Ma a volte basta anche questo. Pur senza risultare eccezionale “Requiem For Hell” continua il viaggio di Taka e soci nei climax strumentali delle terre d’oriente per una musica che non smette mai di arrivare, comunque, allo spirito.