MONOLITHE – Kosmodrom

Pubblicato il 20/12/2022 da
voto
8.5
  • Band: MONOLITHE
  • Durata: 01:07:00
  • Disponibile dal: 25/11/2022
  • Etichetta:
  • Time Tombs Production

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Partiamo dalla notizia più importante e disarmante che permea il ritorno dei doomster francesi Monolithe sulle scene metalliche in questa fine 2022: il loro nono album sulla lunga distanza, a parte il certo fatto che il titolo “Kosmodrom” sia una parola composta da nove lettere, non contiene apparentemente nessuna altra combinazione matematica o incastro logico con il numero nove, interrompendo così la sequenza di dischi (“Epsilon Aurigae”, “Zeta Reticuli”, “Nebula Septem” e “Okta Khora”) che si subordinava a determinate regole compositive, solitamente abbinate al numero di album a cui Sylvain Bègot e compagni giungevano di volta in volta.
E ora, appurato tale scioccante dato, trasferiamoci senza indugi al cosmodromo di Bajkonur, sito in territorio kazako ma amministrato ancora oggi dalla Russia, luogo ideale dal quale partire per iniziare a spiegarvi cosa racconta e cosa musica il qui presente “Kosmodrom”, probabilmente il miglior lavoro partorito dai Monolithe da quando non sono più direttamente accostabili – come lo erano invece ad inizio carriera con la tetralogia del Grande Orologiaio – alla scena funeral doom. Ebbene, il sestetto parigino, dopo aver sondato lo spazio, il cosmo e l’universo sotto diversi aspetti più o meno metafisici, mistici e religiosi, ha pensato bene di rivolgere lo sguardo della sua ispirazione verso il pianeta Terra, verso gli ultimi anni dello scorso millennio, quelli della primeva corsa allo spazio, quando Unione Sovietica e Stati Uniti combattevano la loro affascinante Guerra Fredda anche tra le stelle, dandosele di santa ragione a suon di scoperte, missioni orbitali e azzardi tecnologici: eroi, disastri, pionieri, tragedie, sogni, sacrifici; tutto all’insegna di un’epoca oggi forse un tantino obsoleta ma carica di quell’epos tremendo, imperioso e pregno di gloria che tanto bene c’azzecca con un disco doom metal ad ampio respiro.
Scritto nella sua quasi totale interezza da Bègot durante un particolarissimo lockdown – quello della primavera 2020 – trascorso a Koh Tao in Thailandia, “Kosmodrom” è il lavoro che forse i Monolithe dovevano prima o poi arrivare a scrivere: molto vario, molto sperimentale, molto progressivo, che apre orizzonti alla band e innesta al suo interno nuove dinamiche, pur mantenendo solide le infrastrutture principali del combo francese, ovvero il doom metal apocalittico ed epico (sempre meno difficile da assimilare ma comunque ostico per l’ascoltatore medio di metallo sui generis), che ambisce ad essere cinematografico, riflessivo, potente e cervellotico allo stesso tempo. Una tracklist composta da cinque soli brani, tutti sui dieci minuti esclusa la lunga e conclusiva “Kosmonavt” – di minuti ventisei – narra con diversità d’approccio e largo raggio le pietre miliari che l’allora Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche inanellava tra anni Cinquanta e Sessanta, prendendo quasi sempre in contropiede i rivali d’Oltreoceano.
Si parte con “Sputnik-1”, il nome del primo satellite artificiale ad essere spedito in orbita attorno alla Terra: era il 4 ottobre 1957 e questa sfera di ‘semplice’ alluminio levigato dal diametro di 58 cm fece risuonare il suo robotico ‘beep beep’ su frequenze udibili anche da radioamatori. Parte così la corsa allo spazio e i Monolithe ce la filmano con un bel po’ di novità all’interno del loro sound. A partire dal basso, mai così presente ed importante nello stile del gruppo; in questo disco ha abbondantemente un ruolo da coprotagonista, che Olivier Defives svolge alla perfezione. Poi abbiamo una splendida voce femminile – dell’americana London Lawhon – che duetta in chiave jazz con il growler e chitarrista Rémi Brochard, per un crescendo strepitoso che ci rammenta molto da vicino le opere più stimate dei sottovalutati norvegesi Madder Mortem. Una gran partenza davvero.
Ma c’è poco tempo per riposare, in quanto la seconda “Voskhod” è ancora meglio, grazie al suo incedere dal groove maestoso e potente, trainato ancora dal basso sprezzante e fondamentale di Defives, arrangiamenti superlativi di tastiere – s’odono memorie gobliniane qua e là – e da un’ultima parte più fluida, melodica e trascinante, che i primi Katatonia e quelli di mezzo avrebbero certamente apprezzato. Con il progetto Voskod – lo traslitteriamo all’italiana – arriveranno le prime passeggiate extraveicolari, attraverso delle capsule di pilotaggio ancora piuttosto arretrate ma che erano in grado di ospitare già due o tre astronauti.
E se con la traccia precedente ci si spinge fino a metà anni Sessanta, dobbiamo tornare indietro di qualche anno con “Kudryavka”, ovvero il soprannome russo (‘ricciolina’) della cagnolina Laika, il primo animale ad orbitare attorno al nostro pianeta (3 novembre 1957). Entrata nella memoria collettiva umana alla stregua di innumerevoli eroi, in realtà Laika fece arrivare segnali vitali al comando spaziale solo per sette ore, dopo le quali non venne più rilevata nessuna attività a bordo. Per una storia di sacrificio estremo, che oggi sarebbe totalmente impossibile da accettare ancor prima di compierlo, i Monolithe chiaramente sfoderano il loro lato più malinconico, lugubre e disperato, per un’altra canzone ben riuscita e capace di trattenere in sè un’emotività cupa e dolorosa, che ottimamente si sposa con la tragica tematica. Un chiarissimo afflato pinkfloydiano, soprattutto in sede di assoli chitarristici, si percepisce spesso lungo la traccia, un brano in definitiva progressive-rock suonato però come una doom metal opera.
Procediamo lungo la tracklist di “Kosmodrom” arrivando alla più classica “Soyuz”, un episodio doom profondo, drammatico e ancora una volta epico, mai però statico e dimostrante ancora una volta come ormai i Monolithe siano accessibili a buona parte dei fruitori musicali più attenti, pazienti ed esigenti. Il brano racconta della missione della Soyuz-1, il primo lancio effettuato nell’ambito del progetto omonimo, che portò alla morte del cosmonauta Vladimir Komarov (schiantatosi il 24 aprile del ’67 al suolo nella capsula d’atterraggio per un difetto nell’apertura dei paracadute).
In men che non si dica, avendo trascorso i precedenti quaranta minuti con la testa svolazzante oltre l’atmosfera planetaria, si giunge così a “Kosmonavt”, immane canzone omaggiante ovviamente Jurij Alekseevic Gagarin, il primo uomo a volare nello spazio, il primo cosmonauta della storia umana, una sorta di Anno Zero vivente del cosmo, da cui sono sorti nuovi prima e nuovi dopo. A bordo della Vostok-1, il 12 aprile 1961 Gagarin orbitò attorno alla Terra per quasi due ore, seppur pilotato completamente dal comando spaziale del cosmodromo di Bajkonur. Il brano a lui dedicato è l’ennesima prova di come la band transalpina sappia ormai manipolare la propria capacità compositiva con una duttilità impressionante, riuscendo nell’ardua impresa di non stancare mai e di non risultare mai leziosa, disorganica oppure a corto di lucidità. Difficile descrivere un brano come “Kosmonavt”, scrigno del piacere contenente aromi del più classico doom metal così come fragranze esotiche e sperimentali, acustiche, elettroniche, funky, solistiche, synthwave… Per poi chiudere omaggiando il folklore sovietico (o russo-ucraino, guarda caso) con una breve reinterpretazione della tipica danza di Kozachok.
Chiudiamo questa lunghissima recensione segnalandovi che esiste un’edizione limitata di “Kosmodrom” con allegato un bonus-CD dal titolo “Kassiopea” – nove lettere ancora! – contenente una serie di cover o medley di varia entità, fra cui spiccano certamente la combo “Orion’s Misery”, fusione di “My Friend Of Misery” e “Orion” dei Metallica, e “Brave Murder Day”, anch’essa creata miscelando “Brave”, “Murder” e “Days” dei Katatonia. Non un must, quest’ultimo dischetto, ma un decente qualcosa in più.
Buon viaggio, dunque, se farete vostro tale album, verso nuove e avvincenti esplorazioni della nostra musica preferita, perchè anche noi metallari, nel nostro essere rozzi e dozzinali, ci avviciniamo un pochetto all’approccio etico dei cosmonauti, che come dicono i Monolithe diventeranno “profeti oltre ogni frontiera” (cit.).

 

TRACKLIST

  1. Sputnik-1
  2. Voskhod
  3. Kudryavka
  4. Soyuz
  5. Kosmonavt
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