7.0
- Band: MONOLITHE
- Durata: 00:52:00
- Disponibile dal: 16/11/2012
- Etichetta:
- Debemur Morti
- Distributore: Masterpiece
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Il terzo capitolo della saga discografica dei Monolithe è stato davvero un parto travagliato. Inizialmente infatti sarebbe dovuto uscire addirittura nel 2008 ma – a causa di rinvii e problematiche di varia natura – è arrivato sugli scaffali solo oggi. Ci ricordavamo dei Monolithe come di una band di funeral doom piuttosto personale e ce li ritroviamo ora quasi completamente avulsi dal genere, intenti a seguire delle vie che stanno all’incrocio tra il doom estremo, il black evoluto e una certa vena psichedelia che attraversa trasversalmente i generi. Se ci sono ancora lontani sentori di Skepticism e Shape Of Despair nel sound dei Nostri, non possiamo evitare di notare una fortissima influenza dei grandiosi Deathspell Omega ed una certa propensione darkeggiante propria dei Blut Aus Nord. Ribadiamo a beneficio dei blackster che si tratta di influenze marcate ma assolutamente costruite sopra basi doom, fatte quindi di ritmi molto lenti ed oscuri. Non è un caso quindi che i Monolithe abbiano firmato un contratto con la Debemur Morti Productions, da sempre attenta a determinate sonorità. Certo, fa un po’ specie sentire Sylvain Bégot e soci alle prese con tempi medi fantasiosi e possenti, ma il risultato finale non è assolutamente da disprezzare, anzi! L’unico difetto piuttosto palese è forse quello di non avere avuto il coraggio di spezzare definitivamente i ponti con il passato, tanto che alcuni riff chitarristici di Bégot e di Benoît Blin – di matrice ancora piuttosto classica – fanno a cazzotti con l’avanguardismo musicale nel quale i francesi si sono lanciati senza remore. Anche l’insistenza nel volere creare un album con una sola canzone a questo punto risulta un limite, visto che ora lo spettro sonoro si è decisamente ampliato rispetto al passato e quindi certi spunti avrebbero meritato una maggiore focalizzazione che viene persa in un unico brano da 52 minuti. D’altro canto la band ormai è maestra nello stabilire una linea base lungo la quale si dipana la musica e, sopra questa, improvvisare e gettare basi per ulteriori evoluzioni. Succede così anche in “III”, dove è sempre chiaro qual è il riff portante, anche se poi gli umori cambiano notevolmente con lo scorrere dei minuti. Doom estremo dicevamo, ma anche black metal, dark, psichedelia e una volontà di esplorare territori elettronici e sintetici che in passato non era preponderante come ora. L’innesto in formazione di un mago del programming come Sébastien Latour (peraltro alche ottimo tastierista) parla chiaro a questo proposito. Insomma, il lavoro per lunghi tratti può essere farraginoso ed estenuante, ma anche stavolta i Monolithe sono riusciti a creare un sound che affascina grazie alla propria intelligenza musicale. Piccolo passo indietro qualitativo ma gigantesco passo in avanti stilistico.