8.0
- Band: MONSTROSITY
- Durata: 00:49:00
- Disponibile dal: 07/09/2018
- Etichetta:
- Metal Blade Records
- Distributore: Audioglobe
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Le sorprese, per loro stessa definizione, arrivano quando meno te lo aspetti. Capita così che in concomitanza della debacle totale di un pilastro della scena death metal (Deicide, a breve la recensione di “Overtures of Blasphemy” su queste pagine) una leggenda data ormai per spacciata si risollevi con quella che non esitiamo a definire una delle sue prove migliori e uno dei dischi estremi dell’anno. Perchè di questo si può parlare una volta entrati in confidenza con le trame di “The Passage of Existence”, sesta fatica sulla lunga distanza dei Monstrosity; un affresco folgorante e nitidissimo di metallo della morte vecchia maniera che non ha nessuna pretesa al di fuori di testimoniare il proprio amore per un genere e la sua poetica, frutto di una band da molti vista come secondaria ma che – dati alla mano – non ha praticamente mai commesso un passo falso.
E anche oggi, al netto di un silenzio discografico durato oltre un decennio, la storia si ripete, venendo incanalata dal quintetto in una formula di rara efficacia e intensità. Il suono è compatto, sicuro, come se nulla fosse successo o cambiato dal precedente “Spiritual Apocalypse”. L’iniziale “Cosmic Pandemia” è un biglietto da visita assolutamente entusiasmante che illustra tutti i punti di forza della creatura di Lee Harrison: tecnica, potenza, orecchiabilità e una cura maniacale per i dettagli, tradotta in una serie di intarsi melodici e pattern ritmici indispensabili per conferire ulteriore slancio emotivo alla proposta. “Radiated”, “Solar Vacuum” e “The Hive” si inseriscono nella medesima scia dell’opener, mentre in brani lunghi e strutturati come “The Proselygeist” e “Maelstrom” i floridiani giocano maggiormente con i chiaroscuri e le reminiscenze thrash metal da sempre presenti nel loro background, conseguendo un risultato non meno ingegnoso.
Un’eleganza costante e la capacità innata di rendere memorabile ogni passaggio guidano l’intero “The Passage…”, il cui incedere lascia spesso a bocca aperta per espressività e creatività. I vari elementi chiave – i riff uncinati presi in prestito dai Death dell’era “Symbolic”, gli straordinari assoli di chitarra, i tappeti di doppia cassa sempre pronti a sfociare in fiumane di blast beat – raramente sono stati così messi a fuoco nella carriera della band di Tampa, intrecciandosi in un ordito che è il compromesso perfetto tra forza bruta e melodia, inventiva e robustezza, tanto caro alle usanze statunitensi di inizio anni Novanta. A fronte di un simile dispiego di classe, forse il più evidente dai tempi del capolavoro “Millennium”, non resta che imparare e ringraziare nuovamente questi artisti, la cui passione inscalfibile ci ricorda perchè siamo così innamorati di un genere di musica chiamato death metal.