6.5
- Band: MOONOISES
- Durata: 00:45:00
- Disponibile dal: 08/03/2024
- Etichetta:
- These Hands Melt
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‘Relatable’ è un aggettivo inglese che non ha un corrispettivo esatto nella lingua italiana: indica, più o meno, qualcosa in cui ci si riconosce, che è riconducibile in modo abbastanza diretto alla propria esperienza.
‘Relatable’ è un aggettivo che descrive piuttosto bene le emozioni contenute in “She – The Void”, debut album dei brindisini Moonoises, che esplorano i meandri più malinconici della sensibilità contemporanea attingendo in modo originale a sonorità familiari. Parliamo di originalità perché la sintesi di post-rock, post-punk, alternative e new wave del quartetto pugliese è declinata in modo personale e riconoscibile: chi ha apprezzato i Fading Rain, formazione da cui provengono il chitarrista James Lamarina e il bassista Marco Lorotondo, avvertirà probabilmente la parentela tra i due progetti. Qui, però, la proposta si arricchisce anche di sfumature gotiche, dark, doom e shoegaze.
Un ‘moodboard’ sonoro ricco, ma piuttosto ben definito, le cui matrici sono individuabili con discreta sicurezza; ecco spiegata la vena in qualche modo ‘familiare’ di questo lavoro, che pur avendo una voce propria, gravita intorno ad atmosfere e stilemi noti, collocabili in uno span temporale che va dagli anni Ottanta ai primi Duemila: Bauhaus (nell’opener “Black Beyond”), Christian Death, Stone Roses, The Cure e The Smiths (“Cold Grey”), ma anche Placebo (“Wild Fire”), uniti a cifre piuttosto canoniche dei molti generi che confluiscono in questo album. Provando a fare una sintesi, è come se i Moonoises applicassero al post-rock alcune soluzioni compositive e sonore tipicamente new wave, come, rispettivamente, le dinamiche vocali à la Peter Murphy e il basso in evidenza. Questa stratificazione si traduce in brani dalla scrittura obliqua, fatti ‘a forma di canzone’ ma mai davvero prevedibili.
La promettente combinazione di elementi appena descritta tende, tuttavia, ad arenarsi su alcuni dettagli: innanzitutto, su una produzione non proprio sfavillante e su degli arrangiamenti che a volte non rendono pienamente giustizia al songwriting. Questo, a sua volta, scivola di tanto in tanto in soluzioni un po’ scolastiche (come nel dolente valzer di “Portrait”) o che sembrano risolvere solo in parte la tensione del brano (“Creepy31”, “Rope”).
Tuttavia, i Moonoises mettono comunque a segno qualche bel centro: ad esempio sui ritmi catchy e sostenuti di “Hate Without Form”, che valorizza al meglio tutte le caratteristiche della personalità e del sound della formazione brindisina. O sul roboante giro di basso di “Wild Fire”, forse uno dei capitoli più moderni e penetranti del disco.
Tirando le somme, si potrebbe dire che con “She – The Void” i Moonoises spiccano il volo, ma lasciano l’impressione, a chi li guarda da terra, di poter arrivare ancora più in alto. In attesa di vedere dove andranno a posarsi, ci accoccoliamo tra le loro confortanti digressioni sull’inquietudine di vivere. Di sicuro, “She – The Void” è un disco che fa sentire meno soli.