7.5
- Band: MOONREICH
- Durata: 00:43:00
- Disponibile dal: 12/05/2023
- Etichetta:
- Les Acteurs De L'Ombre Productions
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Dopo il bel disco dei Räum, Les Acteurs de L’Ombre Productions pubblica il ritorno dei Moonreich, un lavoro che li lancia come una delle realtà più interessanti del panorama black metal. Se col precedente “Fugue” si erano già intraviste tutte le potenzialità, i Moonreich decidono di dosare certe forzature dissonanti di scuola Deathspell Omega ampliando ed evolvendo ulteriormente l’approccio alla composizione del nuovo materiale, che è probabilmente il più avventuroso e completo della loro carriera.
I francesi non si sono posti alcun limite nei nuovi brani, che mantengono comunque una forte componente nera e liturgica. Le canzoni partono infatti da una base di black metal moderno sulla scia di Aosoth e Funeral Mist, ma contaminato spesso dall’approccio tecnico di un certo death metal alla Psycroptic (soprattutto in certi cambi ritmici) ed impreziosito da una grande varietà di suoni e soluzioni. Da questo punto di vista la produzione fa un lavoro egregio nel risultare aggressiva rimanendo però sempre cristallina.
L’apertura è affidata ai riff spigolosi della maestosa e aspra “Of Swine and Ecstasy”, che prende in prestito il groove dei Gojira più estremi e mostra verso la metà la sua surreale vena avanguardistica, in un melting pot disorientante tanto caro ai Dødheimsgard. Man mano che l’album si sviluppa nella sua durata, i Moonreich sciorinano quindi una sequenza di brani complessi che spaziano da elementi post-black metal, sensibilità progressiva, uso intelligente della melodia e una capacità innata di scrivere riff mai scontati. Sia musicalmente che vocalmente, l’uso della componente più drammatica gioca un ruolo fondamentale, come nel finale della title-track, in cui si toccano vette emozionali parecchio alte. “Where We Sink”, dalle melodie molto vicine al black metal venato di folk dei Wormwood, ha dalla sua una serie di break atmosferici molto coinvolgenti circondati da un’intensità lacerante che non risulta mai fredda o asettica. “Astral Jaws” ha invece al suo interno il cuore progressive dei migliori The Ocean, mentre la lunga traccia di chiusura “The Cave of Superstition” fa un buon lavoro nell’incapsulare l’intera esperienza Moonreich in un brano epico ed intenso.
Tutto “Amer”, la cui apertura verso qualcosa che non siano i soliti cliché del genere rimane di fatto il suo pregio più grande, è un lavoro intriso di potenza, emozione ed atmosfera: sa essere marcio ed aggressivo, eppure porta al suo interno alcuni momenti di bellezza ed eleganza che possono lasciare il segno.
Al netto di questo, per una band che ha già ampiamente dimostrato di volersi evolvere, la rielaborazione in chiave ancora più personale di un vocabolario espressivo così ampio può e deve rappresentare un ulteriore potenziale step. La strada presa sembra promettente, ora manca il passo più importante per iniziare a brillare totalmente di luce propria.
Dopo il mezzo palso falso dei Behemoth dello scorso anno, possiamo comunque abbondantemente consolarci con questa piccola gemma oscura che non può assolutamente passare inosservata.