7.5
- Band: MOONSPELL
- Durata: 00:48:22
- Disponibile dal: 03/11/2017
- Etichetta:
- Napalm Records
- Distributore: Audioglobe
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Trema la terra. Così forte che l’oceano si ritrae e si scaraventa con forza inaudita sulla città di Lisbona. Le scosse provocano crolli, incendi, morte ovunque. A migliaia di chilometri di distanza si avverte che qualcosa di tremendo è successo, che se la capitale portoghese sta soffrendo una tragedia senza pari, anche il resto del mondo ne è coinvolto. I morti si contano a decine di migliaia, un intero popolo è sconvolto da un evento di portata incalcolabile. Impossibile prevedere che da quel giorno, dal 1 novembre 1755, il Portogallo risorgerà, si spoglierà della sua precedente identità chiusa e bigotta, incatenata ai dogmi della religione cattolica, per aprirsi alla modernità. Il terremoto che duecentosessantadue anni fa colpì Lisbona è al centro del nuovo album dei Moonspell, che proprio da Lisbona sono partiti, praticamente dal nulla, per divenire una delle più importanti realtà metal contemporanee. Un gruppo fortemente legato alle proprie radici, che dalla cultura lusitana ha attinto in abbondanza per plasmare un suono multiforme e in costante divenire, che non ha perso di inventiva e arriva a noi forte di un altro cambio di pelle sostanziale. La tragicità dei fatti ispiratori del concept, che affronta soprattutto le componenti filosofiche e religiose intrecciate alla vicenda, hanno spinto a una turbolenza ritmica e un tocco pressante raggiunti solo a volte in passato. Quello di “1755” è un suono molto death metal, possente e muscolare, corredato da una magniloquenza orchestrale inedita e fondamentale per disegnare l’atmosfera incendiaria del disco. La presenza di un coro è sfruttata a pieno regime, l’enfatizzazione drammaturgica della voce principale e un enorme allargamento di prospettive sono garantite da vocalizzi altisonanti che portano i Moonspell in territori operistici, a darci in pasto in tutto il loro cruento, colossale, orrore i fatti di quel tremendo giorno di Ognissanti. L’imminenza del martirio cui la città andrà incontro promana dalle scure orchestrazioni di “Em Nome Do Medo”, cinematica opener scritta dal compositore statunitense Jon Phipps, al lavoro assieme alla band già sul precedente “Extinct”, responsabile in “1755” degli arrangiamenti orchestrali e dei cori. Subitamente piace per la crespa incisività il cantato in portoghese di Ribeiro, che digrigna i denti con rabbia smodata per l’intero disco, annullando ogni tipo di romanticismo e seduzione; non è il caso, non stavolta, non avendo a che fare con certi temi. Se i concept tendono ad offrire sovente parti più leziose, inserzioni strumentali ‘esotiche’ per gli standard di un gruppo, i Moonspell tengono un tale armamentario, come l’uso di strumenti del folclore o la partecipazione del cantante di fado Paulo Bragança a “In Tremor Dei”, ben inserito in un contesto di canzoni dirette, trascinanti dalla prima all’ultima nota. La densità sonora calibrata dal produttore Tue Madsen stende e avvince, sotto la sua mano il sound dei lusitani dirotta alcune sue peculiarità in una veste barocca cara a entità molto diverse come Septicflesh od Orphaned Land, senza che ciò vada a detrimento della personalità dei cinque. Non ci si perde in fronzoli e cerebralismi, non vi è spazio per candide atmosfere, la band vuole provocare le stesse scosse assestate a suo tempo da madre natura, non si risparmia e spreme da sé stessa tracce furibonde e immediate come “Desastre” e “Abanão”, che parlano lo schietto linguaggio di un cronista nell’atto di narrare in diretta un sanguinoso dramma. In mezzo a cotanta atrocità, i cori adempiono al ruolo di angeli misericordiosi che nell’osservare lo sfacelo sembrano già guidare i cuori verso un’orgogliosa ricostruzione. Macina crolli, rielabora distruzione, tocca l’alto dei cieli partendo dagli sconvolgimenti sulla terra “1755”, denotando ferrea compattezza e protraendosi in un incedere martellante che sa di metal vecchia scuola, poco propenso a concedere pause e melodia confortante. Viene difficile, per la natura impetuosa e una costruzione relativamente semplice sul versante ritmico, evidenziare picchi particolari, laddove è proprio l’insieme a travolgerci in unico ammasso di rovine fumanti. Ad eccezione di apertura e chiusura – quest’ultima affidata alla soffusa cover di “Lanterna Dos Afogados” dei brasiliani Os Paralamas Do Sucesso – i Moonspell si rendono protagonisti della prova più viscerale della carriera. Nel prevalere netto dell’istintività sta anche l’unico leggero neo dell’opera, che piace tanto ma cede qualcosa in termini di numeri di alta scuola, assestandosi su standard ottimi, senza ascendere al rango di capolavoro. “1755” resta un grande omaggio alla storia del popolo portoghese, da artisti che sono ancora ben lungi dall’esaurire la fiamma della propria creatività.