7.0
- Band: MOONSPELL
- Durata: 00:50:32
- Disponibile dal: 15/10/2007
- Etichetta:
- SPV Records
- Distributore: Audioglobe
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Davvero pregevole l’operazione di recupero/restauro svolta dai portoghesi Moonspell con le loro pubblicazioni pre-debutto discografico sulla lunga distanza: una mossa che sembra andare abbastanza di moda ultimamente e che non sempre riesce alla perfezione o risulta giustificata. “Under Satanæ” – vi sono pochi dubbi! – è pienamente giustificato e riuscito, quindi onore e applausi a Fernando Ribeiro e compagni. Se la carriera della band si è ora stabilizzata grazie a lavori in chiaroscuro, comunque sempre di medio/alta levatura, ancora oggi sembra incredibile il successo avuto dai lusitani con “Irreligious”, disco al tempo addirittura entrato nella classifica di TV Sorrisi & Canzoni (ma si può?!); e che dire del prestigioso “Wolfheart”, le cui sonorità vengono ancora rimpiante dai die-hard fan del gruppo? Ebbene, in questo “Under Satanæ” proprio i fan più antichi se la godranno di brutto, in quanto, grazie alla completa ri-registrazione e agli interessanti nuovi arrangiamenti delle loro canzoni – fra l’altro eseguiti al cospetto di Tue Madsen e dei suoi Antfarm Studios – opere introvabili come il mini “Under The Moonspell” ed il demo-tape “Anno Satanæ” rifulgono di moderno splendore e si elevano all’ennesima potenza. Certo, i criticoni potranno dire che il fascino underground di quelle release va un po’ a farsi benedire, ma è indubbio che brani quali “Ancient Winter Goddess” e “Wolves From The Fog” (una sorta di antenata di “Full Moon Madness”) divengono ora dei piccoli gioielli a tutti gli effetti, in grado di rivaleggiare con le composizioni più recenti dei dark metallers iberici. Anche l’intricato “Under The Moonspell” acquista vigore e, complice la più matura interpretazione di Ribeiro, affiancato da Carmen Susana Simoes degli Ava Inferi, guadagna in misticismo e capacità evocativa. Piccola grande chicca nel finale, la presenza di “Serpent Angel”, unica testimonianza del periodo pre-Moonspell, durante il quale i nostri si facevano chiamare Morbid God: leggermente più blackish del resto, già in questa primitiva composizione la band si mostrava originale e capace. Lo stesso Fernando, commentando la scelta di re-interpretare i brani qui presenti, fa sapere che non l’avrebbero mai fatto se non tutti quanti avessero sentito passione e spirito primordiale in questa operazione. E dunque, che dire? Acquisto praticamente obbligato per chi si ritiene fan del gruppo e di certo dark/black metal sperimentale.