9.5
- Band: MOONSPELL
- Durata: 00:43:52
- Disponibile dal: 01/04/1995
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: Self
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“Wolfheart” è un disco poeticamente black metal, con innegabili influenze gothic metal e con un sentimento feroce, puro e romantico, uno di quei dischi che si imprimono nel cuore e nella mente e ci restano per sempre, capace di trasportarci alle sensazioni del primo ascolto anche quando lo sappiamo a memoria dalla prima all’ultima nota. In poche parole, un capolavoro. Certo, molti non saranno d’accordo e i più oltranzisti storceranno il naso nel vedere questo disco comparire in un questa rubrica ma andiamo con ordine, anzi con disordine, partendo dalla fine, dall’ultima traccia: “Alma Mater” (sì, “Alma Mater”, come fu nelle prime stampe e dimentichiamoci pure la versione digipack e il bonus di “Ataegina”). La chitarra inizia solitaria, con un riff dalle reminiscenze folk, ma con un sound aperto tipicamente black, la seconda chitarra entra al giro successivo doppiando gli accordi fino all’ingresso di basso e batteria; poi l’urlo barbarico della voce, in perfetto scream, decreta l’inizio vero e proprio del pezzo. La forza primordiale del riff portante viene lasciata ad esprimersi fino all’inizio del cantato vero e proprio. La voce di Langsuyar è alta, graffiante, carica di rabbia e frustrazione, le sue parole parlano dell’amore per la propria terra, di tradizione, di valori dimenticati, fino al refrain in voce pulita e lingua portoghese, fino al glorioso inno ‘alma mater!’. Sei lupi gridano che riconquisteranno la gloria perduta della propria terra o moriranno; la terra natia vede nei lupi i suoi figli più orgogliosi e la sua progenie più pura, si esprime, attraverso la sua natura e i suoi colori, in qualcosa che non si riesce ad afferrare nella sua vastità, ma a cui ci si inchina con umiltà. I lupi chiedono al mondo intero se qualcuno è in grado di comprendere, se essi sono soli nelle loro convinzioni. Ma quella che inizialmente è una domanda, diventa un’affermazione di sfida: io non sono solo in ciò in cui credo. Idealmente vediamo congiungersi, ai Moonspell di “Alma Mater”, i Satyricon di “Mother North”, i Rotting Christ di “Gaia Tellus”, i Primordial di “Heathen Tribes”, i Drudkh di “Ціна волі” e mille altri. Già questo basterebbe a consacrare alla Nera Fiamma questo disco, ma non vogliamo negare che “Alma Mater” sia un pezzo atipico all’interno di “Wolfheart”. L’inizio dell’album è soffuso, tra tastiere e chitarre che dipingono melodie decadenti e cupe, con uno spirito quasi vittoriano, poi l’urlo liberatorio e il main-riff che aprono “Wolfshade (A Werewolf Masquerade)”: lo scream è rabbioso ed espressivo, le melodie potenti ed evocative e il cantato pulito profondo e carico di angoscia, per tornare allo scream crudele dell’inizio, mentre le chitarre di Tanngrisnir e Mantus si intrecciano al basso di Ares, creando un panorama sonoro fino all’esplosione dell’assolo sorretto dalla doppia cassa di Miguel Gaspar; poi torna la voce, prima pulita e poi ancora in scream. Così si apre il primo full-length dei Moonspell. Si riparte subito con “Love Crimes”, lo scream iniziale lascia ancora posto alla voce pulita, questa volta sostenuta da vocals femminili (quelle di Birgit Zacher, che collaborerà anche con Sentenced e Tiamat). Il battito di un cuore unisce la canzone alla successiva “…Of Dream And Drama (Midnight Ride)”, dall’incipit puramente gothic che si trasforma in cupa violenza all’urlo ‘when she shines’; il pezzo prosegue fino a un cambio di chiara ispirazione maideniana, Fernando ritrova la voce sporca e la tastiera suona a velocità che ricordano la classica chitarra black metal, fino alla chiosa lasciata alla voce che sola ripete ‘midnight ride’. Poi è la volta delle successive “Lua D’Inverno” (pezzo strumentale d’atmosfera che ci concede un attimo di pausa) e “Trebraruna” (o “Trebaruna”, dipende dalle stampe), brano marcatamente folk-metal che costituisce il prodromo di quel Lusitanian metal che i Moonspell decanteranno a lungo, senza mai concretizzare più di tanto. “Vampiria” è forse uno dei pezzi più celebri della band portoghese, con il memorabile recitato di Fernando che inizia con l’iconica frase ‘You’re a beast, evil one’. Ancora la voce pulita, più recitata che cantata, è accompagnata dalle vocals femminili, doppiate dalla tastiera, fino al break prepotente delle chitarre e alla voce in scream. Le atmosfere sono gotiche, innegabilmente, ma in senso letterario molto più che musicale, fino al finale ancora una volta recitato, concluso dal celebre urlo. Il basso maestoso di Ares dà il via a “An Erotic Alchemy”, dall’incipit decisamente virato al gothic metal, con la voce spesso sostituita da quella femminile in una malsana canzone d’amore, il cui cuore riprende i versi di De Sade fino al ritorno dello scream, sul finale, con la frase ‘Would you die for this?’, prima urlata e poi lasciata sola, a concludere la canzone. Di “Alma Mater” abbiamo già abbondantemente parlato, quindi la ascoltiamo, attendendo la fine del disco, assaporandone la perfetta collocazione a chiusura di “Wolfheart”. Forse alcuni preferiranno i Moonspell successivi a questo disco, i più intransigenti ameranno quelli puramente black metal degli esordi, ma se la musica di cui stiamo raccontando è fatta di sensazioni e messaggi, molto più che di suoni, allora non si può non considerare il primo full-length della band portoghese come perfettamente black metal e assurgerlo a opera migliore di Fernando (pardon, Langsuyar) e dei Moonspell, i veri Moonspell.