10.0
- Band: MORBID ANGEL
- Durata: 00:41:01
- Disponibile dal: 22/06/1993
- Etichetta:
- Earache
- Distributore: Self
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Questo è l’album death metal da portare sull’isola deserta. Scegliete questo, senza dubbio alcuno, anche se vecchio oggi di quasi vent’anni. È nervoso, brutale, veloce, efferato e nero come un album di vero death metal deve essere. Il terzo full-length ufficiale dei Morbid Angel – “Covenant”, per l’appunto – esce nel 1993 dopo il già fortunato “Blessed Are The Sick”. Ma è con questa nuova proposta che Vincent e compagni compiono il definitivo salto di qualità. MTV comincia a far girare il video di “God Of Emptiness” e il gruppo assurge al trono come una delle migliori death metal band di sempre, se non la migliore. Alla fine, se Soundscan ci azzecca, questo è l’album più venduto di sempre nella storia del metallo della morte. Ma perché tanto successo? La produzione anzitutto, dannatamente perfetta come solo ai Morrisound Studios in Florida Flemming Rasmussen (Metallica, Blind Guardian) ha saputo fare. E poi la perfetta miscela del terzetto all’opera. Sandoval dietro le pelli, Azaghtoth alla sei corde e tastiera e Vincent dietro il microfono e al basso trovano la quadra, bilanciando la ruvidezza delle chitarre con la melodia. La voce di Vincent è perfetta, maligna il giusto, non si perde nel growl a oltranza e concede ancora una sua espressività. Sandoval fa il suo senza essere mai banale, mentre il chitarrista nero è semplicemente un maestro. Basterà il giro di chitarra iniziale di “Rapture”, canzone che non manca quasi mai nella setlist dei Nostri, a spingervi con le spalle al muro. Ben presto si arriverà al punto di “Confront Me Unholy Ones – Bastard Saints Scorn Of The Earth, I Summon Thee Now Poison Me – Death Under Will Burn In My Soul”. Parole di un nero profondo, il colore che contraddistingue l’album più satanico dei Morbid Angel, molto più intenso di quello di tantissimi dischi black metal. “Covenant” ci avvolge di oscurità, canzone dopo canzone, sia quando le varie “Rapture”, “World Of Shit” e “Lions Den” ci atterriscono in velocità, sia quando si sceglie il basso regime per dare sfoggio di perizia tecnica. “Angel Of Disease”, pezzo che compare originariamente nel debutto dei Morbid Angel, viene qui riproposto con un suono che consente di saggiare appieno i malati assoli di Azaghtoth, capace con i suoi riff – ne è coautore con Vincent – di disegnare trame che si inerpicano su sé stesse in maniera vorticosa. Il tributo al lato oscuro è musicato con il trittico finale “Sworn To The Black” – “Nar Mattaru” – “God Of Emptiness”. Difficile immaginare epilogo migliore per un album di death metal, veloce nella prima parte, evocativo e rituale nel finale. Se “Sworn To The Black” è una dichiarazione d’intenti, “Nar Mattaru” è pura sottomissione nel suo tastieristico sottofondo rituale, preludio all’inno,“God Of Emptiness”, diviso in due parti (“The Accuser” – “The Tempter”) dove si chiede di unirsi in fede alla causa. È Vincent il sacerdote, è lui che con la sua voce evoca, impartisce, chiama e infine giudica. Nessuno nel death metal, specialmente all’epoca, è in grado di fare questo con tali superiorità e splendore . I Morbid Angel replicheranno ciò in forme diverse (“Hatework” su “Domination”, ad esempio) ma già in quest’occasione consegnano alla musica estrema un capolavoro. Il death metal non avrebbe bisogno di altro: “Covenant” è tutto.