4.0
- Band: MORBID ANGEL
- Durata: 03:08:06
- Disponibile dal: 24/02/2012
- Etichetta:
- Season Of Mist
- Distributore: Audioglobe
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Inqualificabile. Questa è forse l’unica parola che siamo riusciti a trovare per descrivere questa penosa operazione commerciale effettuata ai danni del disco che è forse stato a tutti gli effetti già di per sè la delusione dell’anno del 2011. Già l’originale sembra un remix di se stesso, pieno com’è di imbarazzanti digitalizzazioni simil-industrial che nulla hanno a che spartire col passato glorioso dei Morbid Angel e del loro malvagio e pioneristico death metal. A questo va aggiunta la distruzione totale di ogni più speranzosa aspettativa che “Illud Divinum Insanus” aveva portato circa il ritorno di David Vincent dietro al microfono e al basso, e la semi-catastrofe che è stato “Illud Divinum Insanus” a questo punto non ha più alcun posto in cui nascondersi. Il ritorno dei Morbid Angel, insomma, stavamo cercando tutti di mettercelo alle spalle per dimenticarlo quanto prima, pensando con tiepida speranza ad un ritorno della band a una qualche forma di decenza dopo un passo falso imbarazzantissimo. E, invece, la Season Of Mist ha pensato bene di ricordarci quel disastro ancora una volta e di rivangare un passato prossimo indecente con un disastro ancora più inqualificabile, che dura il triplo dell’originale (2 CD per oltre tre ore di tortura insopportabile che farebbero morire di irritazione anche il più grande fan del peggiore industrial e della peggiore musica elettronica) e che non ha come punti forti neanche i punti deboli dell’originale. Neanche il lavoro svolto dai tanti artisti (per lo più di scarso rielievo) che hanno messo mano ai brani originali si distingue per particolari lampi di genio, e risulta anzi alquanto omogeneo e standardizzato. Le coordinate sono quasi sempre quelle dell’hardcore digitale di quart’ordine, del breakcore più rude e di un industrial/EBM sempre lanciato ad un livelo di BPM sfiancante, assolutamente inadatto ad un ascolto di oltre tre ore. Il lavoro svolto da Tim Skold, dai Treponem Pal e dai Combichrist (il remix di questi ultimi è senz’altro il più riuscito del lotto e come un incomprensibile, ulteriore, sberleffo è incluso solo come bonus track nel download digitale) è quello più degno di nota, e si sente che è frutto delle manipolazioni di vecchi veterani dell’industrial, ma è veramente troppo poco per impedire l’affondamento di un prodotto che deriva già da un lavoro originale debolissimo, e che nelle sue vesti remixate risulta ancor più appesantito e ingombrante, e destinato dunque al fondale dell’inutilità più totale. Niente, “Illud Divinum Insanus – The Remixes” è una uscita completamente inflazionata, autoreferenziale, pacchiana, completamente maldestra ed estenuante, e destinata solo a rovinare ulteriormente la reputazione del suo povero originale, già di suo compromesso da parecchie zone d’ombra compositive e scelte stilistiche veramente poco azzeccate. Sarebbe ora di chiudere il capitolo “Illud Divinum Insanus” una volta e per tutte, lasciarselo alle spalle e guardare al futuro, sperando che Vincent e Azagthoth ritornino in forma splendente quanto prima. “Illud Divinum Insanus – The Remixes” è veramente l’ultimo “affronto” che siamo disposti ad accettare. Incassata pure questa, ma ora, veramente, basta. Passiamo oltre. Sul serio, però.