MORBID SAINT – Spectrum Of Death

Pubblicato il 21/08/2024 da
voto
9.0
  • Band: MORBID SAINT
  • Durata: 00:31:54
  • Disponibile dal: 02/09/1990
  • Etichetta:
  • Avanzada Metálica

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Se parliamo di formazioni che hanno dato un validissimo contributo alla scena metal globale con un singolo, fantastico lavoro in studio, per poi sparire dalle scene per un numero imprecisato di anni, non possiamo non citare i leggendari thrash metaller statunitensi Morbid Saint, che con quella perla storica di “Spectrum Of Death” sono riusciti a diventare un concreto esempio di attitudine e songwriting per tutti i metallari di matrice old-school, affezionati a tutti quegli stilemi che nel 1990 erano già stati confezionati in decine di produzioni, ma che ancora potevano essere maneggiati con cura e personalità da dei musicisti dotati del giusto carattere. Anche se, come la Storia ci insegna, spesso sono le uscite più interessanti a passare in sordina o a non trovare il giusto supporto da parte delle istituzioni, e in questo caso fa riflettere il fatto che la prima release del disco in questione sia avvenuta sotto una casa discografica messicana (la minuscola Avanzada Metálica), il che non riteniamo abbia giovato troppo alla diffusione della band in territorio statunitense ed europeo.
Se volessimo descrivere il sopracitato esordio ad opera della realtà originaria del Wisconsin, lo definiremmo come una sequenza granitica e brutale di riff taglienti e smitragliate di chiara ispirazione speed metal, con un risultato finale che attinge a piene mani in quel calamaio divenuto tanto prolifico nel corso del decennio precedente, per la gioia di tutti gli headbanger e i mosher dell’epoca.
Non riteniamo si tratti di un lavoro da sviscerare traccia per traccia, ma piuttosto di una sorta di unica e devastante manifestazione di ciò che il metal estremo rappresentava in quel momento, con dei tratti stilistici più in linea col thrash teutonico rispetto a quello americano, inclusa una violenza posta meno al servizio della canzone, la cui collera ferina e la cui verve sanguinaria riportano giocoforza alla mente gente come i primissimi Kreator, oltre che alle prime realtà dell’ancora giovane filone death metal, dai Possessed ai Malevolent Creation; sensazione alimentata anche dal timbro vocale graffiante e mortifero del frontman Pat Lind.
Pur avendo a che fare con un’opera sostanzialmente classica, bisogna ammettere che la struttura della tracklist appare ancor oggi piuttosto particolare: un ascolto di poco più di mezz’ora nel quale figurano tre tracce dal minutaggio standard (almeno per il genere trattato), due fucilate da due minuti o poco più, un intermezzo brevissimo e due lunghe simil-suite della durata di oltre sette minuti, che tuttavia non mollano pressoché mai la presa dall’acceleratore, in linea con il massacro costante che quest’album vuole a tutti i costi offrire all’ascoltatore.
Volendo fare degli esempi, lo scoppio della iniziale “Lock Up Your Children” ci fa drizzare i capelli sulla testa ancora oggi, esattamente come l’ancora più terremotante prosieguo di “Burned At The Stake”, il cui andamento a rotta di collo si mantiene anche nel corso della lunga “Assassin”, la cui durata importante potrebbe far pensare ad un brano più arioso, anziché ad una squisita esasperazione dello stilema di base. Anzi, potremmo dire che l’unica pausa effettiva giunga proprio con la titletrack, che altro non è se non un intermezzo acustico ed inquietante, antipasto del secondo pezzo lungo del pacchetto, ovvero quella “Scars” che all’inizio ci illude di essere tornati in una dimensione più orecchiabile e in linea con la metodologia delle line-up americane più blasonate, per poi prenderci nuovamente a coltellate in faccia dopo pochi minuti.
Il viaggio all’Inferno si conclude letteralmente dietro i suoi cancelli, grazie ad un finale perfetto rappresentato dalla conclusiva “Beyond The Gates Of Hell”, che a suo modo si distingue dal resto della scaletta mettendo in risalto un accenno melodico tetro e opprimente (memore di certe soluzioni di marca Jeff Hanneman), sempre sostenuto da una sezione ritmica demolitiva e dal guitar work caustico ad opera di Jim Fergades e Jay Visser, entrambi ancora oggi presenti in pianta stabile in una formazione che è cambiata meno di quanto sarebbe lecito aspettarsi.
Sebbene i due lavori successivi al recente ritorno sulle scene dei Morbid Saint siano invero piuttosto gradevoli (“Destruction System” del 2015 e il recente “Swallowed by Hell”), è evidente che non possono reggere il confronto con quanto proposto all’interno di quanto analizzato in queste righe, il che non fa che stimolare in noi una domanda: come sarebbe potuta andare se la band non si fosse mai sciolta all’inizio degli anni ’90?
Non lo sapremo mai, ma ciò che invece sarà per sempre una certezza è l’indiscutibile qualità del lavoro qui presente, a parer nostro più seminale di quanto creduto da tanti e quasi riassuntivo di tutto ciò che significava in quel momento essere un thrasher o comunque un amante del primo metal estremo, indipendentemente da quale fosse il proprio stato di provenienza.
L’appuntamento ora è naturalmente fissato per la prima giornata del Metalitalia.com Festival di quest’anno, occasione nella quale avremo finalmente modo di rivedere la band on-stage dalle nostre parti, e naturalmente ci aspettiamo uno show ben più che aggressivo e fortemente incentrato sull’album di cui abbiamo appena finito di parlare.

TRACKLIST

  1. Lock Up Your Children
  2. Burned At The Stake
  3. Assassin
  4. Damien
  5. Crying For Death
  6. Spectrum Of Death
  7. Scars
  8. Beyond The Gates Of Hell
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