7.5
- Band: MORBUS GRAVE
- Durata: 00:28:28
- Disponibile dal: 22/07/2024
- Etichetta:
- Memento Mori
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Se siete alla ricerca di un rigenerante toccasana estivo, non vi resta che mettervi all’ascolto del qui presente “Feasting The Macabre”, seconda prova sulla lunga distanza dei milanesi Morbus Grave. Dopo i buoni responsi raccolti con la pubblicazione dell’album d’esordio targato “Lurking Into Absurdity”, rilasciato nel settembre di due anni fa, vi era infatti un certo interesse intorno al nuovo lavoro della band meneghina.
Attenzione giustificata e attesa altrettanto ripagata, in quanto i dieci pezzi contenuti in “Feasting The Macabre”, non solo mettono ancora una volta in risalto la verve mortifera e primordiale del death metal old-school (Possessed e Morbid Angel in primis), ma lo fanno in un modo tale che la parola ‘imitazione’ non debba mai essere chiamata in causa.
Definirla freschezza potrebbe forse non essere il vocabolo corretto tuttavia, perchè ciò che si respira in questa seconda amalgama di morte è un qualcosa sì di arioso, limpido e nello stesso tempo violento, un groviglio pastoso e sanguinolento capace di portare l’ascoltatore, in una sorta di ipnosi, al continuo e ripetuto ascolto. Ed il merito va diviso equamente tra i tutti e cinque i componenti: a partire da Erman, cantante e fondatore del gruppo, abile nell’elargire rigurgiti ferali, sapientemente romanzati, così da far ribollire ulteriormente le varie litanie blasfeme. Con lui, la coppia alle sei corde formata da Edy e Magiko, incaricati di lanciare riff oscuri e carichi di groove, in cui anche il graffio svedese partecipa alla realizzazione della cornice di questo quadro estremo, dove pure stacchi più tirati (primi Slayer) ben si incuneano tra le trame cadenzati di pezzi quali “Funeral Embodiment”, “Lusting Terror” e “The Immortal Realm”.
A chiudere il calderone ci pensa la sezione ritmica, con Eros (basso) e Danny (batteria) perfettamente in linea nel garantire il giusto ed estenuante altalenarsi tra l’incedere desolante e rapidi cambi di marcia, più stranianti e schizzati, come evidenziato in “Where Evil Dwells” o “Congregation Of The Exult”.
Come accennato in precedenza, è la capacità di rendere l’ascolto vivace e perpetuo, pur gravoso nella sua proposta, l’arma vincente del gruppo milanese, il quale, nonostante il numero risicato di album pubblicati, porta con sè, soprattutto nel suo frontman, quella dose di esperienza, fondamentale nel riuscire a riportare a galla vecchi stilemi senza snaturarli, rendendoli comunque attuali. Un buonissimo lavoro dalle lande underground del capoluogo lombardo.