7.0
- Band: MORK
- Durata: 00:50:44
- Disponibile dal: 19/04/2019
- Etichetta:
- Peaceville
- Distributore: Audioglobe
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Fedeli a se stessi e alla loro madrepatria, i Mork tornano con un lavoro che probabilmente non aggiunge nulla né alla loro discografia, né all’immaginario black metal norvegese nel suo insieme, ma nel quale è difficile tuttavia trovare difetti. La cifra stilistica è sempre quella di un approccio privo di compromessi, debitore ai Taake per i riff glaciali e ai Trelldom per la dimensione più ipnotica che scaturisce da quasi tutti i brani. Dietro l’involucro quadrato e cadenzato non mancano poi atmosfera o varietà, anche se, certo, quest’ultima parola sembra ormai significare, in ambito estremo, cose molto diverse a seconda dell’orientamento dell’ascoltatore, quindi state tranquilli: nessuna sperimentazione improbabile ha folgorato Thomas Eriksen sulla via di Fantoft. Parliamo di dieci brani misantropici e oscuri, in cui si alternano midtempo e sfuriate più consistenti ed esaltanti (“Da Himmelen Falt”, oppure il crescendo di “I Flammens Favn”, ove nella seconda parte l’atonalità à la Gaahl raggiunge il suo apice) ma anche rallentamenti relativamente inediti, come nel caso di “På Tvers Av Tidene”, il cui riff centrale pare rubato pari pari ai Candlemass di “Nightfall” e ben si sposa all’epico coro. È un’epicità a tratti sguaiata ma funzionale, che torna anche nel finale, sia nella lenta marcia di “Karantene” che nella soffocante e zanzarosa cadenza della titletrack. I pezzi più ‘canonici’ non sono comunque banali, e fanno riemergere l’atavico amore per i Darkthrone, compresi quelli più recenti; è il caso della doppietta costituita da “Skarpretterens ¥ks” e “Den Kalde Blodsvei”, con il loro morboso equilibrio tra sonorità black metal e attitudine più classica. Non vorremmo scomodare l’espressione “The Underground Resistance” a sproposito, ma sicuramente i Mork si confermano dei rispettabili nipotini di una scena che magari regala sempre meno perle, ma non delude mai.