7.0
- Band: MORNING AGAIN
- Durata: 00:11:32
- Disponibile dal: 12/05/2023
- Etichetta:
- Revelation Records
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Nonostante una presenza decisamente a singhiozzo e degli ormai innumerevoli cambi di line-up, i Morning Again restano un nome importante nel circuito metalcore. Si dovrebbe forse anche utilizzare l’aggettivo ‘seminale’, dato che il gruppo statunitense è stato tra i primi – assieme a Integrity, Earth Crisis, All Out War e qualche altra realtà più o meno di nicchia – a gettare le fondamenta del filone per come è conosciuto oggi, volendo riferirsi alla sua accezione più ‘vera’, ruvida e integralista. Un album come “As Tradition Dies Slowly” o l’EP “Martyr” sono opere di culto per chi ha seguito lo sviluppo di questo hardcore iper metallizzato sin dagli anni Novanta e possiamo affermare che il nuovo ”Borrowed Time” sia un’aggiunta azzeccata al repertorio della band floridiana.
Senza particolari squilli di tromba, il quintetto torna infatti con un mini dalla produzione curata e potente (senza dubbio la migliore della storia del gruppo) e con una manciata di tracce che mescolano efficacemente gli elementi storici del sound Morning Again, a partire da un riffing di chitarra affilato, dai puntuali rimandi slayeriani, i cui temi tratteggiano scenari imbevuti di inquietudine e di fascino, densi di suggestione evocativa. La breve durata complessiva incentiva il riascolto e, più si va avanti con le fruizioni, più ci si rende conto di come la band abbia fatto una scelta saggia nel mantenere il tutto all’interno di pochi minuti, puntando sulla qualità anziché sulla quantità. Non essendo più una formazione di primo pelo, il rischio di scadere nel ‘già sentito’ o nel puro riciclaggio di vecchie formule è sempre dietro l’angolo, ma in questo caso i Morning Again sono riusciti a combinare impatto e una certa freschezza nel migliore dei modi, partendo dal tipico suono metallico, cupo e minimale degli esordi per raggiungere un’impronta più al passo coi tempi, merito appunto del lavoro in sede di regia del produttore Beau Burchell (Underoath, Senses Fail). Inoltre, nel brano “Resignation” è contenuto un intervento vocale del povero Trevor Strnad dei The Black Dahlia Murder: probabilmente una delle ultime registrazioni del compianto frontman della melodic death metal band americana. Una pillola che dona ulteriore valore a un EP snello e coinvolgente, dove tutto appare al posto giusto, tanto nei contenuti quanto nella forma. Metteremmo la firma per ricevere un altro lavoro su queste coordinate tra un paio d’anni.