6.5
- Band: MORTIIS
- Durata: 00:51:09
- Disponibile dal: 24/01/2020
- Etichetta:
- Omnipresence Productions
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Partiamo dalle certezze. Se esiste un genere chiamato dungeon synth lo dobbiamo a Mortiis e ai suoi seminali, primi lavori; parimenti, è nota la curiosità e la voglia di sperimentare del musicista norvegese, anche lavorando alla decostruzione e al remixaggio dei suoi stessi brani, come testimoniato da interi album di re-interpretazioni, specie nel corso della sua fase industrial. Assodati questi punti, possiamo anche aggiungere come sia evidente il ritorno di interesse del folletto norvegese verso la sua carriera solista primordiale, testimoniato dalla cura delle ristampe, dalla riedizione del mitico demo “Song Of A Long Forgotten Ghost” e dalla messa in stampa in un’edizione completa, rivista e infine offerta al “grande pubblico” del suo personale zibaldone creativo – tutte iniziative che hanno avuto corso negli ultimi tre anni. Oggi, all’elenco di questa operazione di maieutica personale, si aggiunge la rivisitazione del suo primo full length, ossia “Ånden Som Gjorde Opprør”, che oltre ad assumere titoli – dell’album e dei brani – inglesi e a veder confermato come copertinista il recente e intoccabile sodale David Thiérrée, offre due versioni non stravolte, ma che presentano piccole variazioni sul tema dei brani originali. Di entrambi sono mantenuti la struttura complessiva e i riff portanti di tastiere, con un netto rinforzamento della componente più cinematografica e magica, per così dire, oltre a qualche passaggio figlio chiaramente della lunga esperienza con campionatori e synth più gelidi e post-industriali da parte del buon Håvard (in particolare nell’avvio di “Visions Of An Ancient Future”) e a un allungamento di alcuni minuti per entrambe le tracce; i brani godono poi di una produzione più pulita, consapevole e corposa, ma che al tempo stesso fa a nostro avviso perdere quella patina del tempo e di ingenuità che era la forza visionaria di anni in cui non c’era praticamente nemmeno una definizione per questo tipo di sonorità. La domanda che sorge spontanea è quindi: cui prodest? Non dubitiamo della buona fede dell’artista, ma in fin dei conti lo stesso disco originario era stato parte della serie di ristampe di cui sopra, quindi immettere sul mercato a così breve distanza di tempo una sorta di ripensamento di quanto fatto ci pare più rischioso che furbo; anche perché non parliamo di certo, comunque, di numeri da classifica. Siamo decisamente nell’ambito del solleticamento dei collezionisti più accaniti, e il voto è puramente politico, con una concessione all’amore personale nei suoi confronti.