8.0
- Band: MORTUARY DRAPE
- Durata: 00:48:18
- Disponibile dal: 03/11/2023
- Etichetta:
- Peaceville
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Ci sono band che segnano il corso di un genere musicale grazie ad un disco-caposaldo, del quale finiscono poi per restare (più o meno consapevolmente ) ‘prigioniere’ – a livello stilistico e di ispirazione – in un eterno ed infruttuoso tentativo di rincorrere i fasti che furono.
I Mortuary Drape al contrario dimostrano – una volta di più – di essere una realtà viva e pulsante, ancora in grado, dopo oltre trentacinque anni di attività, di far sussultare i nostri animi con melodie sghembe, sussurri malevoli e una colata di metal oscuro e mortifero come una serata di novembre passata al cimitero.
Cliché? No. Piuttosto, stilemi di un genere, caratteristiche proprie del DNA di un gruppo che – a costo di essere ripetitivi – ha avuto la capacità di dire la propria in anni difficilissimi per il metal in Italia, guadagnandosi lo status di ‘cult band’ a livello internazionale: un traguardo importantissimo ma ‘scivoloso’, che non ha però distolto il mastermind Walter Maini dal proseguire la propria attività con lo sguardo e la mente rivolti al presente e al futuro.
I Mortuary Drape di oggi ci regalano una manciata di nuove canzoni che hanno il pregio, tanto prezioso quanto raro, di inserirsi perfettamente nel solco della tradizione senza per questo suonare stantie: il sound dei piemontesi è saldamente ancorato al black metal di fine anni ’80/inizio anni ’90, di quello ancora prepotentemente imbastardito con il thrash e con l’heavy metal più oscuro ed orrorifico. E proprio quest’ultimo lato stilistico è quello che emerge con piacevole forza, regalando profondità ed atmosfera alle composizioni: esemplare in questo senso è l’opener “Restless Death”, con i suoi rallentamenti pieni di tensione e uno scream che si fa particolarmente sinistro verso la fine del pezzo, prima di ributtarsi tra i riff rocciosi e un incedere sugli scudi che sono un altro tratto distintivo dei musicisti di Alessandria.
La successiva “The Secret Lost” risulta più dura pur giocando nuovamente sul contrasto tra ritmiche martellanti e trame di chitarra orientate ad un metal classico dal sapore gotico e spiritato: c’è un sentore di Mercyful Fate, ma la rielaborazione è inequivocabilmente a marchio Mortuary Drape.
Arriviamo quindi al ‘cuore’ del disco, quella “Rattle Breath” che è – giustamente – stata l’antipasto di “Black Mirror” sulle varie piattaforme social: facilmente tra i pezzi migliori di questo lavoro soprattutto grazie alle litanie da sabba con le quali si cimenta Wildness Perversion (aka Maini) che dà prova di grande capacità interpretativa e varietà stilistica dietro al microfono.
Il cosiddetto ‘lato B’ dell’album è altrettanto – se non addirittura più – interessante delle prime tracce: “Nocturnal Coven” si differenzia per i sentori vicini al gotico del dark sound italiano e di certa dark wave, mentre “The Unburied” e “Fading Flowers Spell” si aggiungono ai (molti) picchi qualitativi del disco, sintesi particolarmente ispirate e trascinanti dell’identità del progetto. La title-track arriva in chiusura, ed è un’ottima ballata semi-acustica dai toni cimiteriali, il commiato ideale per un lavoro a fuoco, fresco nonostante l’incrollabile coerenza stilistica, ricco di sfumature e che – benché sembri una banalità – cresce parecchio col passare delle settimane. Ascolto (e acquisto) vivamente consigliati.