7.5
- Band: MOS GENERATOR
- Durata: 00:43:16
- Disponibile dal: 15/07/2016
- Etichetta:
- Listenable Records
- Distributore: Audioglobe
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Sedici anni di carriera, cinque album in studio, una raccolta, un live album e una miriade di piccole produzioni tra split e 7”: la discografia dei Mos Generator sta diventando corposa ma la band non ha assolutamente perso la sua voglia di rock! La formazione proveniente da Washington, infatti, torna sul mercato con questo pregevole nuovo lavoro, “Abyssinia”, che raccoglie tutte le caratteristiche del loro sound, integrandole ed ampliandole con diverse sfumature che rendono l’album decisamente variegato. Per chi non li conoscesse, i Mos Generator sono un trio che non nasconde il suo profondo amore verso i Black Sabbath del periodo Ozzy, trasformandolo in un heavy rock dalle forti connotazioni stoner. La band americana, infatti, non esplora il lato plumbeo e oscuro della band di Birmingham, ma spinge invece sul riffing grezzo, torrido e trascinante. Esempio perfetto di questo stile è l’opener “Strangest Times”, che trasuda groove ed energia primitiva, ma i ragazzi non si limitano a costruire una manciata di canzoni magari coinvolgenti, ma tutte uguali tra loro. Si parte dalla splendida “You’ve Got A Right”, che sembra pensata per fare faville dal vivo e si candida alla palma del miglior brano del lotto, con le sue atmosfere che riportano alla mente alcuni lavori solisti di Glenn Hughes. Incontriamo, certamente, dei veri e propri tributi ai Black Sabbath, come “Catspawn” e “Wicked Willow”; veniamo risucchiati dalla potentissima “Red Canyons”, per poi lasciare spazio alle venature bluesy di “There’s No Return From Nowhere”, introdotta magistralmente dalla chitarra acustica del leader Tony Reed. Infine non possiamo non citare il pezzo che chiude l’album, “Outlander”: la distorsione delle chitarre viene accantonata, per lasciar spazio all’organo hammond, al pianoforte e alle melodie più avvolgenti e malinconiche della ballad. I tre musicisti si dimostrano perfettamente a loro agio con i loro strumenti, soprattutto per quanto riguarda Tony Reed, polistrumentista capace di destreggiarsi sia con le chitarre che con le tastiere, e autore di una buonissima prova vocale, seppure spesso debitrice nei confronti dello stile di Ozzy Osbourne. Certo, ovviamente non ci troviamo di fronte ad un lavoro epocale o innovativo, ma è innegabile come la band si sia impegnata nel costruire un album capace di farsi ascoltare più e più volte, senza mai annoiare e rivelando, anzi, numerose finezze che potrebbero sfuggire ad un ascolto distratto.