8.0
- Band: MOTLEY CRUE
- Durata: 00:52:45
- Disponibile dal: 11/11/2011
- Etichetta:
- Eleven Seven Music
- Distributore: EMI
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26 settembre 1983. Le cose iniziano a farsi maledettamente serie. “Shout At The Devil” prende finalmente vita, proiettando la band nella top 20 di Billboard, grazie ad una serie di canzoni oscure ed ammalianti, impreziosite da una produzione adeguata a cura di Tom Werman (già al lavoro con BOC e Cheap Trick). L’urgenza e la spavalderia di “Too Fast For Love” vengono smorzate in favore del mood decadente e perverso delle liriche, incastonate su ritmi meno incalzanti e più quadrati. Presentato da un’inquietante copertina nera sulla quale e’ impresso un pentacolo in rilievo, “Shout” muta lo shock rock ambiguo degli anni ’70 in una delirante versione post apocalittica. Il minaccioso look all black dei protagonisti calza a pennello con il mood sinistro delle composizioni. L’introduzione recitata “In The Beginning” ci trascina in uno scenario desolante, sul quale un sinistro tappeto di tastiere fa da preludio alla marziale title track. Il brano si snoda su melodie vocali serrate, rese ancora più aspre dal riffing secco e quadrato di Mick Mars, vomitate dal timbro nasale di Vince Neil che esplode in un chorus gagliardo. L’adrenalina sale con “Looks That Kill” splendido pièce di metal americano, baciato da un tessuto ritmico accattivante che sfocia in un altro ritornello di forte impatto. “Bastard” è invece una scheggia impazzita che in meno di tre minuti esplode tutta la sua rabbia punk, pur essendo leggermente meno ispirata nelle linee vocali. La tensione viene acuita da “God Bless The Children Of The Beast”, un mefitico intermezzo inchiostrato dalla penna di Mars. Il chitarrista tesse una serie di arpeggi sui quali viene cucita una drammatica melodia solista. I Beatles vengono omaggiati sia nella foto all’interno del disco – iconograficamente le quattro foto rimandano alla front cover di “Let It Be” – che nella riproposizione della martellante “Helter Skelter”, riletta in maniera fedele all’originale. “Red Hot” apre la seconda parte dell’opera con un assalto di doppia cassa a cura di un Tommy Lee scatenato, il quale dimostra di possedere una notevole potenza e groove nelle sue dinamiche. Il brano e’una sciabolata veloce e letale che abbraccia il metal più verace e sguaiato. “Too Young To Fall In Love” è invece uno splendido esempio di hard rock contenente una forte dose di melodia, corroborata dal ritornello orecchiabile e da un pregevole arabesco alle sei corde, che strizza l’occhio alle FM americane, lasciando intravedere la svolta commerciale che i Nostri intraprenderanno con il disco successivo. I toni tornano ad inasprirsi con “Knock’ Em Dead Kid”, mid tempo dotato di un bel tiro, nel quale la voce rauca e squillante di Vince Neil fa la parte del leone. La qualità del songwriting mostra temporaneamente il fianco con “Ten Seconds To Love”, episodio di dubbia efficacia che ripropone la formula vincente adottata dagli AC/DC nei riff e nel ritmo, risultando ridondante anche nelle parti vocali. “Danger” e’ una semi ballad dal sapore velenoso che conclude in modo drammatico un lavoro che ha di fatto spalancato le porte a tonnellate di glam metal band. L’ascesa al successo è oramai definita, ma una tragedia inattesa da lì a poco avrebbe alzato il sipario del ‘teatro del dolore’.
N.B.: la ristampa comprende cinque bonus tracks, tra le quali spicca “Hotter Than Hell”, che in seguito diverrà “Louder Than Hell” per ‘Theatre Of Pain’ e “I Will Survive”, accattivante hard rock tune, che non avrebbe sfigurato nella tracklist definitiva del disco.