8.0
- Band: MOTORPSYCHO
- Durata: 01:25:04
- Disponibile dal: 15/03/2006
- Etichetta:
- Stickman Records
Spotify:
Apple Music:
Sono ormai passati quattro anni da “It’s A Love Cult”, ultimo lavoro prodotto dall’eclettico e stra-osannato power-trio psichedelico norvegese; da lì in poi si sono susseguite due collaborazioni che hanno dato vita ad “In The Fishtank” e a “The Tussler Society”, lavori marginali in cui Bent e soci hanno sperimentato ulteriori vie sonore (come se in più di dieci album non ne avessero toccate già abbastanza…) assieme ad altri musicisti, ma che si possono considerare, a pieno, dei capitoli a parte. Inutile quindi sottolineare quanto il sottoscritto, da buon psychonauta di prima categoria (è così che vengono affettuosamente definiti i fedeli seguaci di questa decennale formazione) attendesse con impazienza l’uscita di questo doppio CD (…avete capito bene, doppio CD…come “Trust Us” e “Timothy’s Monster”…due lavori che hanno lasciato il segno). Ebbene sì, dopo tre album basati su sonorità più raffinate, complesse ed eleganti, le aspettative su questo lavoro ricadevano infatti speranzose in un netto cabio di rotta, o almeno in un’ulteriore evoluzione di sound. E, con il cuore in mano, chi vi scrive può confermare tali aspettative: sin dalle prime note di “No Evil” (accattivante brano d’apertura), infatti, ciò che si nota è il fatto che Snah abbia finalmente rispolverato il suo “Big Muff”, i Motorpsycho sono tornati di nuovo a pestare con violenza sulle corde dei loro strumenti, come ai vecchi tempi, toccando di nuovo sonorità più spinte e relativamente più grezze. Gli anni ’70 rimangono come sempre tra le loro influenze principali, tornano invece le distorsioni di basso e i giri di Bent che troneggiano in primo piano, tornano le batterie picchiate con violenza e spariscono per la maggiore gli arrangiamenti d’archi, di piano e di fiati, che avevano contraddistinto la loro trilogia retrò (“Let Them Eat Cake”, “Phanerothyme” ed “It’s A Love Cult”), il tutto per creare ancora quel sound indie che riporta ai loro lavori di mezzo, a grandi linee una pasta sonora che unisce “Timothy’s Monster” alle ritmiche punk-rock di “Blissard” e a qualche giro di chitarra nello stile di “Barracuda”. I momenti più spensierati risultano essere brani come “The Ace” (energico ed allegro pezzo indie-punk cantato da Snah), “Hyena” (primo singolo del CD, che riporta un po’ ai tempi di “The One Who Went Away”) e “In Our Three”, che invece strizza un po’ l’occhiolino alla loro vecchia “Heartbreak Man”. Il tutto alternato ad un po’ di sana ed originale psichedelia (“Kill Devil Hills”, “Critical Mass”) e a qualche ballata strappalacrime (“The 29th Bulletin”, “Before The Flood”) che riesce, come in ogni loro precedente lavoro, a lasciare il segno in mezzo alla tracklist. Nonostante ciò, i brani più riusciti sembrano invece essere “Sail On” e “You Lose”, almeno per le melodie e la particolarità del sound. Tirando le somme, probabile che “Black Hole/Blank Canvas” non possa comunque venire considerato un vero capolavoro, qualche punto morto purtroppo c’è.. il tutto accompagnato da una qualità sonora un pò garage che non rende giustizia ai suoni dei singoli strumenti..che purtroppo in questo capitolo risultano veramente troppo saturati; al di là di ciò, per i nostalgici dei Motorpsycho, risulterà vera e propria manna dal cielo. L’unico rimpianto è la consapevolezza di non aver più dietro ai piatti Gebhardt, di lui un po’ la mancanza la si sente, nonostante Bent (sostituto batterista all’interno della registrazione) se la cavi più che egregiamente. D’altronde è stato proprio lo stesso Gebhardt a pressare sul cambio di direzione della band e ad influenzare i loro precedenti tre lavori, ovvio che fosse anche ora di tornare a percuotere con violenza i propri strumenti, scelta che probabilmente non è andata giù al simpatico batterista, ormai maturato artisticamente ed affascinato da atmosfere più calde ed elaborate. Considerato questo…i Motor sono tornati! Questo bisogna proprio dirlo…