7.5
- Band: MOUNDRAG
- Durata: 00:40:21
- Disponibile dal: 17/10/2025
- Etichetta:
- Spinda Records
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Se avete mai sentito nominare i francesi Moundrag è probabilmente per la loro esibizione alla radio KEXP di Washington, che promuove ormai a livello mondiale band che si occupano di progressive, funky, jazz, world music e psichedelia in generale: musica suonata da professionisti ogni tanto riconducibili al nostro ambito metallico (pensiamo solo agli All Them Witches), o a interessanti operazioni nostalgia, come la proposta del duo francese.
Avete capito bene: parliamo di un duo, composto dai fratelli Colin e Camille Gollaen, che suonano rispettivamente batteria e organetto e si occupano alternativamente delle voci.
Se questa cosa potrà in un primo momento lasciarvi spiazzati, vi invitiamo a recuperare immediatamente “Deux”, che arriva a tre anni dal precedente e fulminante debutto “Hic Sunt Moundrages”, e immergervi subito nella bomba di “The Caveman”, dopo la breve intro “The Stormdrummer”: troverete un brano divertente, fresco e catchy, pur essendo puro manierismo nel citare la musica degli anni Settanta a più non posso.
Vi chiederete come solo due persone possano fare tutto questo casino, per poi ritrovarvi a fare inevitabilmente headbanging come matti da soli davanti allo stereo.
Se amate queste correnti, partendo dai Deep Purple e finendo agli Atomic Rooster, non potrete che apprezzare questa band: un’esplosione di psichedelia (loro stessi si definiscono fieramente ‘hard prog heavy psych’), cori alla Uriah Heep e richiami a ELP e chi più ne ha più ne metta sono la mistura alla base delle canzoni del duo. Brani come “Changes”, più lineari, si alternano a cavalcate psichedeliche e neoclassiche come in “Limbo”.
L’eco di Keith Emerson e di John Lord echeggia in ogni brano dell’album, come la chiara citazione a “Tarkus” degli Emerson, Lake And Palmer nella breve “Starkus”, e nei pezzi più duri come in “Take Me To The Stars” per quanto riguarda il profondo porpora.
La bravura dei fratelli Gollaen sta proprio in questo: riuscire a districarsi un labirinto di influenze prog-sinfoniche senza mai scadere nella noia o nella banalità, con un gusto per il ritmo e un amore per l’hard rock che traspare da ogni nota.
Gli stacchi in alcuni dei brani, capaci di cambiare leggermente il tempo rispetto al quattro quarti canonico, arricchiscono ogni brano e lo rendono sorprendente, come succede anche in “Morning Epitaph”, che ci porta più dalle parti del progressive dei Caravan e dei Gentle Giant.
Eppure nulla suona tranquillo nella musica dei Moundrag, motivo per cui possiamo tranquillamente parlare davvero di ‘heavy psych’ come corrente: è tutto estremamente duro e caratterizzato da una produzione polverosa, ma mai stucchevole sebbene fieramente ancorata ad alcune delle band che abbiamo citato.
A chiudere l’album c’è infine “Night Lights”, che ci porta nei territori dei Moody Blues senza colpo ferire, con il suo piano e la sua fisarmonica malinconici: “Deux” è un disco fresco e divertente, emozionante e nostalgico, nonostante sia assolutamente citazionistico e manierista all’iperbole.
Sicuramente una delle uscite dell’anno in ambito di progressive puro, e, soprattutto, heavy!
