7.0
- Band: MUDVAYNE
- Durata: 00:53:31
- Disponibile dal: 29/05/2005
- Etichetta:
- Epic
- Distributore: Sony
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Terza fermata sulla terra per gli alieni Mudvayne, figli della secondagenerazione del fenomeno nu metal, associati da critiche superficialiai pesi massimi Slipknot, in realtà aventi una personalità ben definitae idee convincenti da esporre, non solo alla nicchia dialterno-metallari dal cavallo basso. L’estetica è la caratteristicadominante nel gruppo, che si è visto negli anni spinto ad eliminare untrucco vistosissimo e delirante per compiacere una parte di criticaintransigente e alcuni fan che non andavano oltre il lato pagliaccesco.Anche se il makeup è scomparso il gusto estetico trova in ogni casosfogo per vie alternative, come il look curato ma sobrio, i video conuna fotografia eccellente (“Happy?”), la grafica del booklet e una curamaniacale del sound in studio, che stabilisce nuovi standardqualitativi per quanto riguarda la produzione (Dave Fortman -Superjoint Ritual, Eyehategod ed Evanescence), tanto da essereproponibile in formato Dolby Digital 5.1 (non è un modo di dire, èuscita davvero una eccellente versione dualdisc). Parlando dellamusica, dopo uno scaramantico inizio con un pezzo violentissimo (comelo era “Dig” su “L.D.50” e “Silenced” sul comeback “The End Of AllThings To Come”) quale “Determined”, la band dimostra di aver compresoche sono le proposte più melodiche quelle che fanno più presa, epuntano dritti in quella direzione con la stupenda “Happy?”, singoloapripista e summa delle qualità e delle intenzioni del collettivo,tanto emozionale e dotata di melodie accattivanti quanto potente ecoinvolgente nella forma perfetta. Echi alla Tool, in qualche assonanzanegli arpeggi e nel mood complessivo, ma soprattutto un lavorocertosino e maniacale sulle vocals del frontman Chad Gray (unico che sipermette il vezzo di una bombetta e un po’ di eyeliner, alla “AranciaMeccanica”), ricercatissimo nelle sovraincisioni e negli effetti,variegato nelle clean, nei passaggi aggressivi e nei dosati screaming,che abbandonano il lato schizoide del primo lavoro per dipingere unarabbia più controllata. La vera perla del disco sta in mezzo,introdotta dalla potente “Rain. Sun. Gone.” senza un distacco fisico:otto minuti, una imponente mini suite architettata in manieraeccellente, dove chorus da urlo si uniscono a hook allucinanti(“Ini-mini-miny-mo”) con capovolgimenti nervosi e umori alieni, che sifarà ascoltare davvero a lungo. Da non sottovalutare l’enorme bagagliotecnico dei componenti del gruppo, non fine a se stesso maimmediatamente rintracciabile durante l’ascolto, con un Ryan Martiniecome sempre sopra le righe, che riesce a donare bass line originali efantasiose senza ripetersi in slap abusati, funambolico quanto bastaper fare riascoltare più e più volte ogni traccia solo per coglierenele finezze. Non si può nascondere la presenza di qualche filler qua elà, nel complesso le tracce riescono a mantenersi nettamente al disopra della sufficienza (“Fall Into Sleep”, “TV Radio” per citarne unpaio): non un disco memorabile dunque, ma un buon album sorretto dapezzi eccellenti. I Mudvayne con “Lost and Found” non hanno ancoratrovato la dose giusta; sbilanciati nel passato sulla schizofreniachimica di “L.D.50” ora sembrano forse troppo pettinati, mentre è veroaltresì che sono sempre un gruppo sottovalutato per vari pregiudizi esoprattutto una delle migliori live band per quanto riguarda una certafrangia heavy.