5.0
- Band: MUDVAYNE
- Durata: 00:48:50
- Disponibile dal: /12/2009
- Etichetta:
- Epic
Sicuramente coloro che hanno vissuto in prima persona l’esplosione del nu-netal avranno ascoltato e probabilmente adorato dischi come “LD 50” o “The End Of All Things To Come”, veri e propri pilastri del genere e passati per lo più inosservati dalle nostre parti. Ma che ne è stato dei Mudvayne dopo quei due dischi? Be’, i nostri hanno continuato – purtroppo – a sfornare un album più deprimente dell’altro, fino a giungere a questo omonimo disco uscito a distanza di soltanto un anno dal suo predecessore “The New Game”. Album dopo album, il quartetto in questione ha infatti assunto l’odiosa tendenza a snaturare e rendere appetibile ai più la propria proposta musicale, togliendole tutta quella pericolosità di cui era pregna, rendendola plastica, orecchiabile, lineare e terribilmente prevedibile. Certo, a qualcuno sicuramente piacerà, sulla carta questo è un disco che ha tutte le carte in regola per piacere a chi in questo tipo di musica cerca immediatezza e semplicità. I ritornelli si stamperanno nella mente dell’ascoltatore dopo i primi ascolti e verranno fischiettati ovunque, e quei quattro riff che si incrociano e ripetono per tutta la durata delle canzoni scateneranno headbanging a catena. Non siamo qui a mettere in dubbio nemmeno la caratura tecnica della band, Chad Gray alla voce ha fatto passi da gigante e ora intona i suoi ritornelli spaccacuore con un controllo notevole, e Ryan con il suo basso in mano rimane uno dei musicisti più notevoli nel ricoprire il suo ruolo. Ma le domande che ci poniamo ascoltando e riascoltando questo disco, cercando di trarne qualche lato positivo sono molteplici: che fine hanno fatto i tempi dispari, le urla strazianti, quel senso di pericolosa e oscura angoscia di cui erano pregne le atmosfere dei Mudvayne? Che fine ha fatto l’imprevedibilità del songwriting, quella voglia di spiazzare l’ascoltatore con stacchi spaccaossa e controtempi al cardiopalma? Perché tutto quello che di particolare e innovativo aveva il sound di questo gruppo è stato rimpiazzato da tanta semplice e facile linearità? Non vogliamo fare la parte dei nostalgici per forza e apparire viziati di pregiudizio, ma di fatto non c’è una sola canzone che ci viene voglia di risentire dopo essere riusciti ad arrivare in fondo a questo disco, non vi è nemmeno un brano in “Mudvayne” che ci abbia fatto sobbalzare, o anche solo sollevare il sopracciglio in segno di approvazione. Siamo stati pervasi per la maggior parte del tempo da un annichilente senso di incompletezza nei confronti di un suono che sulla carta può funzionare, ma che ci lascia tanto, tantissimo amaro in bocca.