7.0
- Band: MUR
- Durata: 00:54:28
- Disponibile dal: 22/11/2024
- Etichetta:
- Century Media Records
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I Misþyrming, i loro cugini di primo grado Naðra, gli Auðn ed ora i Múr: vulcanici come il territorio in cui qualche dio norreno li ha fatti nascere, gli attori della scena metal islandese non si prendono pause, e continuano imperterriti a cantare la loro personale visione di apocalisse.
In questo caso abbiamo cinque musicisti provenienti da studi classici e jazz, guidati dal tastierista/vocalist Kári Haraldsson (già autore di colonne sonore per film e serie TV) che irrompono sul finire di questo 2024 a rendere più gelido l’autunno con il loro debutto omonimo, patrocinato da Century Media Records.
La musica contenuta nelle sette tracce di “Múr” può essere genericamente classificata come post-metal, sia pure con qualche doveroso distinguo, vista la sensibilità progressive (affine a quella del Devin Townsend Project e di Ihsahn) che il quintetto infonde con il suo background ai pezzi, sensibilità che trova il proprio apice nell’iniziale “Eldhalf”, un canto limpido, innodico e maestoso che porta i segni dell’ascolto devoto di “Mariner” di Julie Christmas & Cult Of Luna.
Non tema chi è in cerca di asprezze, perché l’album ne è ben fornito: canzoni come “Múr” (complessa, se si guarda oltre la sua apparente brutalità), una “Frelsari” dagli strappi chitarristici asciutti, quasi thrash, e l’ossessiva “Messa” (dove Haraldsson mostra di aver seguito con attenzione il lavoro di Jørgen Munkeby dei norvegesi Shining alle tastiere) hanno infatti come unico obiettivo i timpani e lo stomaco del malcapitato ascoltatore.
In ogni caso, è nei pezzi a più ampio respiro che si svela tutta la perizia strumentale della band, sia nell’iniziale “Eldhalf” di cui si è parlato qualche riga fa, che in coda al disco, con “Heimsslit”, dove una lunga introduzione di sintetizzatori à la Vangelis precede un brano che potrebbe essere comodamente scambiato per una outtake di “The Long Road North” dei Cult Of Luna; oppure nei dieci minuti di “Holskefla”, puro distillato del suono Oranssi Pazuzu nobilitato da un magnifico assolo di tastiere, sul finale, in un mix di energia ed eleganza che ci fa pensare meravigliati a quanto brave dovessero essere le tre band che li hanno preceduti in classifica alla Wacken Metal Battle del 2022 (grazie anche alla quale si sono fatti conoscere).
Comunque sia andata allora, i Múr oggi confezionano un debutto convincente, e se riusciranno nell’intento di dichiarare con meno ingenuità le loro influenze, presto suoneranno come l’ennesima scommessa vinta del metal estremo islandese.