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- Band: MURDERDOLLS
- Durata:
- Disponibile dal: //2002
Solitamente è un altro genere di recensioni a portare la mia firma, ma per questa volta ho deciso di sconfinare in un genere che solitamente lascio siglare ad altri, ed addentrarmi nel magico mondo dei Murderdolls. Tutto è partito per caso: avevo sentito parlare di loro come il progetto cyber-glam-punk di Joey Jordison degli Slipknot, accompagnato da Wednesday 13 dei Frankestein Drag Queens e Tripp Eisen degli Static X, che smettevano di colpo i panni metallosi per concentrarsi su qualcosa di molto simile alla band di Wednesday 13 e votandosi praticamente alla riscoperta/rilettura delle loro radici punk e glam citando e rivisitando Sex Pistols, Misfits, Motley Crue, Twisted Sisters, Faster Pussycat e via dicendo. Diciamo innanzitutto una cosa: i Murderdolls, pur non consistendo esattamente in un side-project estemporaneo (erano in attività già dal ’95 come solo-project di Jordison sotto il nome The Rejects, vale a dire molto tempo prima che gli Slipknot diventassero la new sensation del metal a stelle e strisce), non suggeriscono quella stessa longevità di cui una band validissima e capace di pubblicare come debutto un album così fresco e vitale dovrebbe giustamente essere foriera. Non ci vuole però molto a capire che il bello dei Murderdolls risieda proprio in questa totale mancanza di lungimiranza, questo dionisiaco amore per il dissoluto piacere dell’attimo che tutto lascia scorrere in fretta e senza necessità di avere un perché, un quando, un dove; quello che più colpisce, in anthem goliardici e stracolmi di contenuti ‘non-sense’ come “Twist My Sister”, “Kill Miss America”, “Love At First Fright”, “She Was A Teenage Zombie”, “Die My Bride” è soprattutto una vitalità e leggerezza fuori dal comune che non può che riportare alla memoria tutta una serie di band che affondano le radici nel movimento punk per poi tingersi di lazzi e colori glamour, cyber, metal, senza coordinate precise in un unico ed travolgente vortice di spontaneità, freschezza e genuinità. In questo dischetto, contenente quindici tra le tracce più ‘easy-listening’ e deflagranti ascoltate negli ultimi tempi, c’è il ‘lavoro’ di una band che ha saputo cogliere l’attimo, e trasformare in concretezza la più verace e semplice voglia di suonare per puro divertimento, proprio come succedeva ai tempi delle vecchie cantine insonorizzate con le scatole delle uova ed il polistirolo, dei concerti nei piccoli pub in periferia e delle autoproduzioni registrate con il quattro tracce amatoriale… Come dite? Questi qui sono ragazzi sulla cresta dell’onda con le loro rispettive band? Già, ed il bello dei Murderdolls sta anche in questo. Estemporanei, genuini ed irripetibili: da ‘vivere’ a tutti i costi.