voto
8.0
8.0
- Band: MY DYING BRIDE
- Durata: 00:58:22
- Disponibile dal: 23/03/2009
- Etichetta:
- Peaceville
- Distributore: Halidon
Spotify:
Apple Music:
Ed infine anche i My Dying Bride, all’alba del ventesimo anniversario dalla loro fondazione, sono giunti all’agognato traguardo del decimo album in studio, lavoro che va a coronare in modo più che degno una carriera esemplare per costanza, qualità e fedeltà al proprio stile, sempre che si escluda dal computo la fugace esperienza sperimentale del discusso “34,788%…Complete”, fra l’altro ormai vecchio di undici anni. Chi scrive ha già avuto modo di parlare in lungo e in largo dei doommasters albionici ed essendone un accanito fan trova piuttosto difficile affibbiare aggettivi mai usati alla nuova opus della band, così come stupirsi di rinnovamenti e/o ritorni al passato di più o meno grande portata. Questa volta, però, per il qui presente “For Lies I Sire”, adornato dalla solita, triste e mortale cover, dobbiamo segnalare con viva gioia il tanto atteso e richiesto (dai fan) ritorno del violino! Era dai tempi di Martin Powell e di “Like Gods Of The Sun” che i Bride non ripresentavano in line-up un violinista/tastierista, ed ora lo fanno con una ragazza, Katie Stone, che dopo Sarah Stanton e Lena Abé – la prima ha lasciato il gruppo, la seconda è all’esordio in studio al basso – è la terza componente femminile del combo. Certo i fan più nostalgici esulteranno, anche se in realtà bisogna ammettere che la mancanza dell’apporto decadente del violino non si è mai fatta sentire in modo grave negli anni, essendo Aaron & Co. assolutamente capaci di creare partiture deprimenti anche solo con voce e batteria. Ma veniamo al sodo, a “For Lies I Sire” quindi: com’è rispetto a “A Line Of Deathless Kings”? Senza ovviamente snaturare il suo trademark secolare, la Sposa Morente pare essersi diretta verso territori più progressive, dinamici e – prendete il termine con le pinze – solari. Aaron Stainthorpe, in certi frangenti, sembra addirittura cantare nel vero senso della parola, senza limitarsi a declamare o recitare le sue strofe, usando growl e scream solo quando le partiture lo ritengono praticamente obbligatorio (ad esempio nella violenta ed imprevedibile “A Chapter In Loathing”, aperta e chiusa da blastbeat assassini e chiaramente death-oriented). Si prenda poi un pezzo quale “Bring Me Victory”: probabilmente mai traccia dei Bride ha avuto un giro di violino così orecchiabile e di presa; non ci stupiremmo se a breve venga promossa a singolo. Ci sono poi gli episodi già immortali: il riff portante di “Echoes From A Hollow Soul” ha stampata in ogni nota l’impronta di Andrew Craighan e davvero strazianti sono le partiture di pianoforte ben condotte dalla Stone, per una traccia che si segnala come la migliore del lotto. Il violino, vi chiederete… Ebbene, Katie si dimostra intelligente e non cerca di ricalcare paro paro le atmosfere di Powell, ritagliandosi invece sufficienti sprazzi di personalità e creatività che, seppur non rivoltando lo stile della formazione di Bradford, servono ad arricchire il repertorio dei ragazzi con discrezione e puntualità. Se “Fall With Me” e “My Body, A Funeral” rappresentano la tradizione, in “The Lies I Sire” e soprattutto “Shadowhaunt” troviamo un’anima prog-doom ben messa in mostra, per due pezzi inquietanti e drammatici. Ci si perde forse un po’ nella prolissità di “Santuario Di Sangue” e “Death Triumphant”, segnata da un riff cadenzato non troppo convincente, ma tutto sommato non ci si può proprio lamentare dei My Dying Bride anno 2009: non c’è nulla da fare, alcune atmosfere e sensazioni le sanno risvegliare e riportare in musica solo loro; non parliamo della malinconia e nostalgia del Ricordo, i Bride vanno oltre: c’è del marcio, corroso putridume nel loro decantare Amore e Morte, un’angoscia che al buio spaventa e fa tremare, la sofferenza di Angeli torturati. L’Ombra della Fine.