MY DYING BRIDE – The Angel And The Dark River

Pubblicato il 01/01/1995 da
voto
9.5
  • Band: MY DYING BRIDE
  • Durata: 00:52:14
  • Disponibile dal: 01/01/1995
  • Etichetta:
  • Peaceville
  • Distributore: Self

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Rasenta la perfezione “The Angel And The Dark River”, terzo episodio sulla lunga distanza per i My Dying Bride e consacrazione definitiva del combo originario di Bradford. Due anni sono passati da “Turn Loose The Swans”, ma la maturazione della band sembra non avere fine, procedendo spedita anche per quello che viene solitamente riconosciuto come il capolavoro del sestetto. La prima cosa che salta all’orecchio, fin dai primi ascolti, è la totale assenza del growl di Aaron, deciso ad impostare la sua interpretazione sull’esclusivo uso del pulito drammatico e teatrale, uno dei punti di forza più peculiari della Sposa Morente. Rispetto al lavoro precedente, viene persa un po’ la vena progressive e ci si concentra maggiormente sull’aspetto metallico delle composizioni, senza più tornare al death metal degli esordi, bensì tramutandolo in riffoni più groovy e di stampo gotico. Anathema e soprattutto Paradise Lost stanno anch’essi vivendo momenti di gloria e il movimento inglese comincia ad assumere connotati decisivi. “The Angel And The Dark River” va così ad occupare un posto di assoluto prestigio sia all’interno della scena estrema e oscura, sia per quanto riguarda gli estimatori più ‘classici’ del metallo, i quali si accorgono infine del valore di un gruppo così particolare e unico. Grande merito di ciò va dato alla spettacolare “The Cry Of Mankind”, ancora oggi brano-simbolo dei My Dying Bride ed in grado di commovuere anche a distanza di anni: il pezzo poggia la sua struttura su di un riff dal sapore dolciastro e malinconico e su tastiere gotiche dalla melodia suadente; Aaron declama un testo corroso e decomposto dalla morte del Genere Umano, guidandoci attraverso un Inferno di gelo straziante, ben rappresentato dalla lunga seconda metà della composizione, lento e minimale percorso ambient. La grandezza del disco non si ferma però all’opener, bensì prosegue fin da “From Darkest Skies”, introdotta da un basso spettrale e pesantemente cadenzata, e “Black Voyage”, cupo viaggio attraverso i meandri della Terra, dove manca la Luce e regna il putridume. “A Sea To Suffer In” è un altro piccolo capolavoro, ricco di cambi di tempo e atmosfera e linee vocali più accattivanti del solito, mentre “Two Winters Only” recupera l’appeal acustico di “Turn Loose The Swans”, proponendo due lunghe strofe tristissime dal pallido incedere, alternate ad esplosioni doom intense e vibranti. L’album termina con “Your Shameful Heaven”, introdotta da un leggiadro incipit di violino e poi sferzata da potenti accelerazioni gothic e slow-tempo rocciosi, sicuramente il pezzo più violento del disco. Un lavoro che non ha bisogno di ulteriori descrizioni, ma soltanto di ascolti prolungati e attenti. Fra i top album del genere, da avere assolutamente.

TRACKLIST

  1. The Cry Of Mankind
  2. From Darkest Skies
  3. Black Voyage
  4. A Sea To Suffer In
  5. Two Winters Only
  6. Your Shameful Heaven
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