7.5
- Band: MY DYING BRIDE
- Durata: 00:27:21
- Disponibile dal: 13/05/2013
- Etichetta:
- Peaceville
- Distributore: Audioglobe
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I My Dying Bride sono ormai scatenati, non si fermano più e pubblicano qualsiasi brano – speriamo di no, in verità – si trovino a comporre. Rifacendo l’appello del biennio 2011-2013 delle uscite targate Sposa Morente, ci vediamo fra le mani un full sperimentale (“Evinta”), un full regolare (“A Map Of All Our Failures”) e ben due EP di inediti, “The Barghest O’ Whitby” e il qui presente “The Manuscript”, dei quali il primo composto da un’unica song di quasi mezzora. Ecco, tutto si può dire di questa Sposa tranne che sia Morente, in quanto era dall’epoca dei primissimi lavori, quando il combo britannico era solito alternare un EP ad un full, che non la si vedeva così attiva e prolifica. Ma quello che più realmente importa, a prescindere dal quanto un gruppo pubblichi la propria musica, è cosa il gruppo pubblichi. Ovvero la qualità del materiale. Ora, restare su livelli altissimi per ventitrè anni e passa non è esattamente mestiere per chiunque, quindi accogliere “The Manuscript” e sfogliarlo per i primi ascolti ci ha posto davanti al solito, amletico dubbio: release per cavalcare l’onda o puro slancio d’estro artistico? Be’, con i Bride la risposta arriva da sola e ce la diede proprio Aaron Stainthorpe, vocalist e anima straziata della band, durante la nostra ultima intervista con loro: i My Dying Bride usano gli EP per dare spazio alla loro parte più sperimentale – chiaro comunque che non si sta parlando, in proporzione, dei Mr. Bungle – lasciando i lavori normali per la più triviale soddisfazione del dark-doom metalfan. E “The Manuscript”, difatti, si distanzia non poco dal precedente “A Map Of All Our Failures”, che si risolse in un disco molto melodico e romantico-decadente. Non che i Nostri abbiano rivoluzionato l’approccio alla composizione come successe, all’epoca, per il succitato “Evinta” – la tracklist suona MDB assolutamente al 100%, non si scappa – ma va detto che i quattro episodi paiono mostrarsi proprio come racconti di un manoscritto, ognuno con la sua vita e la sua storia, tutti permeati di tragedia ma dall’atmosfera ognuno peculiare. Abbiamo la teatrale e drammatica “Only Tears To Replace Her With”, condotta dal recitato inconfondibile di Stainthorpe e da un’amarezza/dolcezza di fondo da far accapponare la pelle; la title-track e opener, paradossalmente, è il brano che ci entusiasma di meno, susseguirsi piuttosto standard di strutture tipiche del gruppo, impreziosite però da un giro di violino particolarmente riuscito e da una chiosa con arpeggi opethiani; pochissimo growl nell’intero “The Manuscript”, ma nella seconda traccia, “Vår Gud Över Er”, se ne può udire un ottimo dispiego sorretto da un riffing magistrale, ipnotico e a tratti ossessivo, per una canzone sinistra che si posiziona fra le cose migliori scritte dai Bride negli ultimi anni; stesso discorso, più o meno, vale anche per “A Pale Shroud Of Longing”, suite a più atmosfere e unico altro pezzo dove si può udire il violino di MacGowan, che del resto la formazione di Halifax utilizza solo dove e quando serve realmente. La maturità e la padronanza di mezzi e songwriting che Aaron e compagni non falliscono mai di mettere in mostra, di questi tempi, stanno prendendo connotazioni leggendarie e ancora una volta si può andare sul sicuro con questa release, dimostrazione ulteriore di cosa siano diventati (o siano sempre stati, punti di vista) i My Dying Bride.